103Quindi sentimmo gente, che sì nicchia1
104 Nell’altra bolgia, che col muso sbuffa,
105 E sè medesma con le palme picchia.2
106Le ripe eran gromate d’una muffa,3
107 Per l’alito di giù, che vi si appasta,
108 Che con li occhi e col naso facea zuffa.
109Lo fondo è cupo sì, che non ci basta
110 L’occhio a veder, senza montare al dosso
111 Dell’arco, ove lo scoglio più soprasta.
112Quivi venimmo, e quindi giù nel fosso
113 Vidi gente attuffata in uno sterco,
114 Che dalli uman privadi parea mosso.4
115E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco,
116 Vidi un col capo sì di merda lordo,
117 Che non parea s’era laico o cherco.
118Quei mi sgridò: Perchè se’ tu sì gordo5
119 Di riguardar più me, che li altri brutti?
120 Et io a lui: Perchè, se ben ricordo,
121Già t’ò veduto coi capelli asciutti,
122 E se’ Alesso Interminei da Lucca;6
123 Però t’adocchio più che li altri tutti.
124Et elli allor, battendosi la zucca:
125 Qua giù m’ànno sommerso le lusinghe,
126 Ond’io non ebbi mai la lingua stucca.
127Appresso ciò lo Duca: Fa che pinghe,
128 Mi disse, il viso un poco più avante,
129 Sì che con li occhi ben la faccia attinghe7
- ↑ v. 103. C. M. Quivi
- ↑ v. 105. C. M. medesmo
- ↑ v. 106. Gromate, da groma o gruma. E.
- ↑ v. 114. Privadi; privati, secondo il facile scambio del t in d per eufonia. Così imperadore, codesto, in vece d’imperatore, cotesto ec. E.
- ↑ v. 118. C. M. sì ingordo
- ↑ v. 122. C. M. Allessio
- ↑ v. 129. C. M. Sì che la faccia ben con li occhi attinghe