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76Lo viso in te di questi altri mal nati,
      A’ quali ancor non vedesti la faccia:
      Però che son con noi insieme andati.
79Del vecchio ponte guardavan la traccia,
      Che venia verso noi dall’altra banda,
      E che la ferza similmente scaccia.1
82Il buon Maestro, sanza mia dimanda,
      Mi disse: Guarda quel grande che viene,
      E per dolor non par lagrima spanda:
85 Quanto aspetto reale ancor ritene!
      Quelli è Giason, che per cuore e per senno
      Li Colchi del monton privati fene.23
88Elli passò per l’isola di Lenno,
      Poi che le ardite femine spietate4
      Tutti li maschi loro a morte dienno.
91Ivi con segni e con parole ornate
      Isifile ingannò, la giovanetta,
      Che prima avea tutte l’altre ingannate.5
94Lasciolla quivi gravida e soletta:
      Tal colpa a tal matirio lui condanna;
      Et anco di Medea si fa vendetta.
97Con lui sen va chi di tal parte inganna;
      E questo basti della prima valle
      Saper, e di color che in sè assanna.6
100Già eravam dove lo stretto calle
      Con l’argine secondo s’incrocicchia,
      E fa di quello ad un altro arco spalle.

  1. v. 81. C. M. similmente caccia.
  2. v. 87. C. M. Li occhi del
  3. v. 87. fene. Per una tal quale dolcezza di lingua, anche oggi il popolo d’alcune provincie d’Italia pronunzia fane, fene, dane per fa, fe, dà e simili. E.
  4. v. 89. C. M. femine e spietate
  5. v. 93. C. M. avea l’altre tutte
  6. v. 99. Il Cod. Antaldino legge « di color che in sè affanna ». E.