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460 | i n f e r n o xvii. | [v. 94-114] |
signore, che corregge pur con le minaccie, e non minaccia se non cose ragionevoli; onde si vergogna di non seguire, e la vergogna non impedisce l’opera, come fa la paura; e però diventa forte a ubbedire, pensando che non li comanderebbe, se non cosa da fare; e però seguita l’obedienzia, dicendo: Io; cioè Dante, dopo le minaccie diventato forte, m’assettai in su quelle spallaccie; della fiera, s’intende detta di sopra che à buone spalle, grandi: imperò che l’astuzia sostiene e sopporta per non scoprirsi; e per le spalle s’intende la tolleranzia del fraudulento: Sì volli dir; io Dante, come seguiterà poi; ma la voce non venne; fuor della bocca, Com’io credetti; cioè io Dante che venisse: Fa che tu m’abbraccie; tu Virgilio. Ecco quel che volle dire; e finge questo per mostrare la natura del pauroso che, benchè l’animo rinvigorisca, li membri non lasciano così tosto la paura, perchè il sangue non ritorna così tosto alle membra, come la volontà vuole lasciar la paura.
C. XVII — v. 94-114. In questi sette ternari l’autor nostro finge come, montato in su la fiera 1, si muove e discende al comandamento di Virgilio, dicendo: Ma esso; cioè Virgilio; ch’altra volta mi sovvenne; cioè quand’io mi smarri’ nella valle, et apparvemi alla ruina del monte, come di sopra fu detto cap. i, Ad alto forse, tosto ch’io montai; cioè io Dante in sulla fiera. Altro testo dice forte, tosto ch’io montai, Con le braccia; sue, m’avvinse; cioè m’abbracciò, e mi sostenne; ch’io non cadessi. Puossi intendere ancora, tosto ch’io; Dante diventato forte per le minaccie di Virgilio, montai; in su la fiera. Intender si dee allegoricamente lo montar di Dante; cioè dare a descrivere alla ragione pratica lo vizio dell’astuzia e le sue spezie e le sue pene, e l’abracciare di Virgilio e il sostenere e lo dirizzamento e sostenimento che fa la ragione superiore alla ragione pratica et inferiore. E disse; Virgilio: Gerion, muoviti omai. Qui nomina Virgilio questa fiera, che significa l’astuzia, Gerione; e però è da notare che tutti li mostri, che pongono li poeti e la Scrittura 2 santa, l’autore à diviso in questa sua opera ne’ luoghi convenienti sotto qualche figura, onde è da sapere che’ poeti pongono che Gerione fosse re di Spagna, et avesse tre corpi a reggimento d’una anima, come Virgilio dice nel sesto dell’Eneida: Et forma tricorporis umbrae. Et altri vogliono dire che avesse tre corpi e tre anime, e combattèe con Ercole, e che Ercole tre volte il vinse et ucciselo, et in segno di vittoria ne menò il suo armento delle vacche e buoi che avea; e per questa fizione vollono intendere li poeti che Gerione avesse tre regni; cioè Maiorica 3 et Ebuso, et in questi tre luoghi fu