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c a n t o xvi. | 425 |
127Ma qui tacer nol posso; e per le note
Di questa Comedia, lettor, ti giuro,
S’elle non sien di lunga grazia vote,
130Ch’io vidi per quell’aere grosso e scuro
Venir notando una figura in suso,
Maravigliosa ad ogni cuor sicuro;
133Sì come torna colui, che va giuso
Talora a solver l’ancora, che aggrappa
A scoglio o altro che nel mare è chiuso,
136Che in su si stende, e da piè si rattrappa.
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C O M M E N T O
Già era in loco ec. In questo xvi canto l’autor nostro continua ancora la materia di sopra: imperò ch’ancora tratta del terzo girone e del peccato contra natura; e dividesi principalmente in due parti, perchè prima pone come era presso al descenso nell’altro cerchio; cioè nell’ottavo, e come scontra 1 un’altra schiera delli violenti contra natura che furono uomini armigeri e saputi nel mondo, e come parlò con loro delle loro condizioni; nella seconda, come presono a parlar delle condizioni della loro città, quivi: Se lungamente ec. Ma la prima, che fia la prima lezione, si divide in sei parti: imperò che prima descrive lo luogo ov’elli era, e come a lui vennono tre ombre; nella seconda mostra compassione alle loro pene, quivi: Aimè, che piaghe ec.; nella terza finge lo modo che tennono a restarsi a parlar con lui, quivi: Ei cominciar ec.; nella quarta finge l’autore come parlarono a lui, e come si manifestarono, quivi: E se miseria ec.; nella quinta mostra lo desiderio 2 ch’ebbe di fare loro festa, quivi: S’io fossi stato ec.; nella sesta finge ch’elli parlasse loro, mostrando dolore della loro pena, quivi: Non dispetto; ma doglia ec. Divisa la lezione, ora è da vedere la sentenzia litterale.
Dice adunque che già era in luogo, ove 3 s’udia lo rimbombo dell’acqua che cadea nell’altro cerchio; lo quale rimbombo era simile a quello che fanno 4 le pecchie al buco del bugno, quando tre ombre