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c a n t o   xvi. 423

73La gente nuova, e i subiti guadagni,
      Orgoglio, e dismisura àn generata,1
      Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni.2
76Così gridai con la faccia levata;
      E i tre, che ciò inteser per risposta,
      Guardar l’un l’altro, come al ver si guata.
79 Se l’altre volte sì poco ti costa,
      Risposer tutti, il satisfare altrui,3
      Felice te: chè sì parli a tua posta!
82Però, se campi d’esti luoghi bui,
      E torni a riveder le belle stelle,
      Quando ti gioverà dicere: Io fui,4
85Fa che di noi alla gente favelle.
      Indi rupper la rota, et a fuggirsi
      Alie sembrar le gambe loro snelle.5
88Uno amen non saria potuto dirsi
      Tosto così, come furo spariti;6
      Per che al Maestro parve di partirsi.
91Io lo seguiva, e poco eravamo iti,
      Che il suon dell’acqua n’era sì vicino,
      Che per parlar saremmo appena uditi.
94Come quel fiume, ch’à propio cammino
      Prima da monte Veso in ver levante,
      Dalla sinistra costa d’Apennino,
97Che si chiama Acquacheta suso, avante
      Che si divalli giù nel basso letto,
      Et a Forlì di quel nome è vacante,

  1. v. 74. C. M. à ingenerata,
  2. v. 75. C. M. In te, Firenze, sì che già ten piagni.
  3. v. 80. C. M. a soddisfar
  4. v. 84. C. M. Quanto ti gioverà
  5. v. 87. Ale — C. M. Ale sembiar
  6. v. 89. C. M. furon smarriti;