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c a n t o   xvi. 421

19Ei cominciar, come noi ristemmo, hei!1
      L’antico verso, e quando a noi fur giunti,2
      Fenno una rota di sè tutti e trei3
22Qual solean li campion far nudi et unti,
      Avvisando lor presa e lor vantaggio,
      Prima che sien tra lor battuti e punti;
25Così rotando ciascun lo visaggio
      Drizzava a me; sì che contrario il collo
      Facea, e i piè continuo viaggio.4
28E se miseria d’esto loco sollo5
      Rende in dispregio noi e nostri prieghi,6
      Cominciò l’uno, e il tristo aspetto e brollo,
31La fama nostra il tuo animo pieghi
      A dirne chi tu se’, che i vivi piedi
      Così sicuro per lo Inferno freghi.
34Questi, l’orme di cui pestar mi vedi,
      Tutto che nudo e dipelato vada,
      Fu di grado maggior che tu non credi:
37Nipote fu della buona Gualdrada,
      Guido Guerra ebbe nome, et in sua vita
      Fece col senno assai, e con la spada.
40L’altro, che appresso me la rena trita,
      È Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce
      Nel mondo su dovria esser gradita.
43Et io, che posto son con loro in croce,
      Iacopo Rusticucci fui; e certo
      La fiera moglie, più ch’altro, mi nuoce.

  1. v. 19. Ricominciar, quando noi ristemo, ei
  2. v. 20. e poi ch’a noi fur giunti,
  3. v. 21. trei; tre. Gli antichi e tutt’ora il popolo toscano, ad evitare l’accento sull’ultima sillaba, amano l’aggiunta d’una vocale. E.
  4. v. 27. C. M. Facea ai piè
  5. v. 28. Deh! se miseria
  6. v. 29. C. M. Rende in dispetto