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i n f e r n o xv. |
[v. 55-78] |
essere lo idio propio di ciascuno uomo, lo quale nascea e moria con l’uomo, e lo quale poneano mutevole in contrarie qualità come appare d’Aristotile che, essendo grosso d’ingegno e lussurioso, per l’astinenzia diventò casto, e per lo studio, ingegnoso, onde Orazio nell’ultimo libro delle sue epistole, dice: Scit genius, natale comes qui temperat astrum, Naturae Deus humanae, mortalis in unum quodque caput, vultu mutabilis, albus, et ater. E la influenzia comune è quella che è chiamata Fortuna. E però disse l’autore di sopra: Qual fortuna o destino; e nella seconda cantica dice ancora: Sempre natura se fortuna truova Discorde a sè, come ogn’altra semente Fuora di sua region fa mala pruova. E per queste parole possiamo comprendere che volere seguitare o no la inclinazione naturale sta in noi; ma l’operare sta nella grazia di Dio principalmente, e susseguentemente nelle cagioni concorrenti, le quali aviamo detto che si chiama Fortuna; cioè l’effetto delle cose provedute da Dio, proveniente per mezzo delle cagioni; e per tanto la Fortuna non può essere se non buona, per respetto della providenzia di Dio che non può provedere se non bene, benchè li uomini per respetto di sè dicano altrimenti, e questo dimostra assai chiaro Boezio nel quarto libro della Filosofica Consolazione. Lo secondo che si dee notare, è quando dice al glorioso porto e qui doviamo notare, che gloria non è altro, che chiara notizia con loda; e però intese: Tu non puoi fallire che tu non vegni a grande gloria: e così è che per questa opera l’autore nostro è venuto in notizia in molti chiara e manifesta, et è da loro lodato; e la infamia è contraria alla gloria: imperò che infamia è notizia sozza con vituperazione e biasimo: imperò che dispiace et è biasimato 1. Et ancora è da notare, quando disse: Se ben m’accorsi nella vita bella, che i dannati non ànno notizia del futuro, se non quanto avessono avuto nel mondo per loro congetturazioni o per revelazioni fatte loro da Dio o per considerazioni astrologiche. Potrebbe ancor essere che il dimonio revelerebbe loro per sue congetture o per astrologia quello che vedesse: chè veramente non può sapere lo futuro, che Idio l’à reservato a sè. Possono bene li dannati congetturare, come fu fatto 2 di sopra, nel canto x. di messer Farinata; ma li beati ànno bene notizia d’ogni cosa: imperò che si specchiano in quello specchio ove riluce ogni cosa, come dice santo Agostino: Quid est quod non videant qui videntem omnia vident?— E s’io non fossi sì per tempo morto; disse ser Brunetto, se io non fossi morto sì tosto, com’io morii, Dato t’avrei all’opera conforto; cioè all’opera di questa Comedia, a te Dante, Veggendo il Cielo a te così benigno; cioè veggendo il favore che tu avevi dalla influenzia comune e della
- ↑ C. M. è biastimato.
- ↑ C. M. fu ditto di sopra,