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c o m m e n t o |
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del cielo, che è casa apparecchiata alli uomini virtuosi, per questo calle; cioè per questa via della considerazione de’ vizi e delle lor pene, come sposto fu moralmente nel primo canto, e così risponde alla seconda domanda. Et è qui da notare che alla prima domanda l’autore non rispose, e così alla seconda, se non per demostrazione: imperò che al savio uomo basta a rispondere per sì fatto modo, et elli poi giudica sopra il fatto; l’autore à risposto così. Ora può ser Brunetto giudicare, se la fortuna o il destino è stato buono o rio; e così l’autore à dimostrato Virgilio, e detto che è sua guida, lo quale ben vedea ser Brunetto; ma non sapea se andava come guida, o come compagno. Ora per la demostrazione è fatto certo ch’elli si è guida, e puossi vedere che lo nostro autore, non sanza intendimento finse queste domande fatte da ser Brunetto, e sì fatte risposte; ma industriosamente finse lo primo, per dichiarare quello che non è ben chiaro nel primo canto; cioè che s’intendesse per lo mezzo del cammino di nostra vita, e qual fosse il colle ove terminava la valle; lo secondo, per dimostrare a ser Brunetto, come a filosofo et astrologo, che non avea conoscenzia di Virgilio che era poeta. E così finisce la prima lezione del canto xv.
Et elli a me ec. Qui si comincia la seconda lezione del sopraddetto canto, nel quale l’autor pone quel che finge che ser Brunetto li dicesse del suo corso prima, e poi delle condizioni de’ Fiorentini, e nominasseli quelli ch’erano con lui, e come si ritornò poi a’ suoi. E dividesi questa lezione in cinque parti: imperò che prima pone quello che finge che li dicesse del corso della vita sua, e poi delle condizioni de’ Fiorentini; nella seconda pone quel, ch’elli rispose a ser Brunetto, qui: Se fosse tutto pieno ec.; nella terza pone come Virgilio commenda la notabile risposta che fece Dante della fortuna, quivi: Lo mio Maestro ec.; nella quarta pone come, andando con ser Brunetto domanda chi sono i compagni suoi, e com’elli ne nomina alquanti, e scusasi delli altri, et accomiatasi da Dante, quivi: Non pertanto di men ec.; nella quinta pone come ser Brunetto tornò a’ suoi compagni, quivi: Poi si rivolse ec. Divisa adunque la lezione, si è ora da vedere la sentenzia litterale. Dice adunque così:
Che poichè Dante manifestò a ser Brunetto, com’era venuto quivi per singular grazia di Dio, signor grazioso, e chi era quelli che li mostrava il cammino, ser Brunetto sì li cominciò a parlare in questa forma: Se tu segui la inclinazione naturale della costellazion tua, non può fallire che tu non vegni al porto glorioso, se ben m’accorsi d’essa nel mondo: e se io non fossi morto sì tosto, t’avrei dato conforto all’opera, veggendo lo cielo così benigno verso di te; et aggiugne certe cose future per modo di predire, che già erano state, dicendo: Ma quello popolo ingrato e maligno, che discese da