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382 | i n f e r n o xiv. | [v. 49-60] |
se producere figliuoli sanza Giove, e pertanto percosse le membra genitali e produsse Vulcano, lo quale fu chiamato idio del fuoco e fu dato per marito a Pallade; cioè alla idia della sapienzia, la quale si finge nata del cerebro di Giove, e perchè Vulcano era molto sozzo et ella ancora era disposta a mantenere virginità 1, combattèe con lui; et in quella pugna nacque pur di Vulcano Eritonio, che fu figliuolo sanza madre, et avea li piedi a modo di dragone. Et all’ultimo, quando se li volle accostare lo rifiutò; ma convenneli consentire con questo patto, che s’elli la potesse sforzare, fosse sua donna; onde lo sospinse e fecelo cadere di cielo nell’isola ch’è chiamata Vulcano a lato alla Sicilia presso a Mongibello, e diventò per quella caduta sciancato, e cominciò in quella isola, perch’era fabro, a fabricare le saette a Giove e tenne discepoli ad insegnare l’arte: e perchè ne fece molte e fu molto favorevole alli idii nella battaglia de’ giganti, fu rivocato in cielo e dato per marito a Venere; cioè alla dia della lussuria. L’allegoria di questa lascio per brevità; ma chi la vole la può trovare in Fulgenzio, Antologia 2 ec. La favola delli giganti si tocca in questa forma dalli autori; ch’essendo la terra schernita dalli idii ch’ella non produceva figliuoli, produsse li giganti uomini grandissimi oltre a tutta l’altra forma delli uomini, molto potenti, i quali insuperbiti per la loro potenzia, non trovando chi potesse resistere a loro, presono ardire et in Flegra feciono 3 loro adunanza e deliberazione di volere montare in cielo e pigliare lo cielo per loro e cacciare li dii, e presono li monti di Tessaglia e posono l’uno sopra l’altro e cominciarono a montare suso. Allora Giove con li altri idii si cominciarono 4 a difendere, e prese le saette da Vulcano, tutti li saettò et ucciseli; e perchè allora ne li furono bisogno molte, però ne fa menzione Capaneo, il quale l’autore à introdotto a parlare.
C. XIV — v. 61-72. In questi quattro ternari l’autor pone, come quello spirito è ripreso da Virgilio, che prima avea parlato e manifestato a Dante chi elli fu, dicendo: Allora; cioè quando Capaneo ebbe così parlato, come detto fu di sopra, il Duca mio; cioè Virgilio, parlò di forza; cioè sforzatamente, Tanto, ch’io; cioè Dante, non l’avea sì forte udito; parlare ancora, s’intende, dicendo: O Capaneo; che così ebbe nome nel mondo questo violento, del quale già è detto, in ciò; cioè in questo, che non s’ammorza; cioè non si rimorde, La tua superbia; la quale tu dimostri nelle tue parole, se’ tu più punito; che non saresti, s’ella si rimordesse; et assegna la cagione, di-