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[v. 1-6] | c o m m e n t o | 375 |
colui che s’accorse ch’elli addomandava di lui, gridò: Tal son morto, qual io fui vivo; et aggiugne che se Giove stancasse lo suo fabro e tutti li altri pigliando saette da loro per saettarlo, come saettò li Giganti alla battaglia di Fiegra, non potrebbe aver vendetta allegra di lui. Allora Virgilio pigliando sdegno del superbo parlare di quest’anima, parlando molto alto più che Dante l’avesse ancora udito, li disse: O Capaneo, in questo che la tua superbia non si doma e non à rimordimento, se’ tu più punito che non saresti, se ciò non fosse: niuno martirio sarebbe a te debita pena, se non la tua rabbia. E poi dice Dante che Virgilio si volse a lui con mansueto parlare, dicendo: Colui fu uno delli sette re che assediarono Tebe, et ebbe, e così par ch’abbia, Idio in dispregio; ma, com’io dissi a lui, li suoi dispetti sono a lui assai debiti fregi. E qui finisce la sentenzia litterale, ora è da vedere lo testo con le allegorie, ovvero moralitadi.
C. XIV — v. 1-6. In questi due ternari l’autor nostro pone la continuazione del suo processo dicendo: Quello così stracciato delle sue frondi, come detto fu di sopra, ci pregò che dovessimo raccogliere le sue frondi sparte al suo cesto, ond’io Dante glie le raccolsi per pietà e carità della patria che mi mosse; e però dice: Poi che la carità; cioè l’amore, del natio loco; cioè della patria ond’elli era, ch’era fiorentino com’io, Mi strinse; cioè me Dante, ragunai le fronde sparte; al cesto suo, E rende’le; io Dante, a colui, ch’era già fioco; cioè arrocato per lo molto gridare. E qui è notabile che l’uno cittadino dè avere carità dell’altro, e può essere qui allegoria che il ragunare delle frondi fosse lo ritrovare della fama di costui che era già fioco; cioè che la fama sua era già spenta, se non che l’autore la rinnovellò. Indi; cioè da quel luogo, venimo; Virgilio et io Dante, al fine; del secondo girone del quale è detto, onde si parte Lo secondo giron dal terzo: del quale si dirà di sotto, e dove; cioè nel quale, Si vede di giustizia orribile arte; cioè della divina giustizia l’artificio da essere temuto da ognuno, del quale si dirà di sotto.
C. XIV — v. 7-15. In questi tre ternari l’autor nostro descrivendo finge lo luogo al quale era venuto, com’era fatto, dicendo così: A ben manifestar le cose nove; cioè questo terzo girone del settimo cerchio, al quale finge sè con Virgilio esser disceso, Dico; io Dante, che arrivammo; Virgilio et io Dante, ad una landa; cioè pianura, Che dal suo letto 1 ogni pianta rimove; perchè non v’è nè erba, nè arbore. La dolorosa selva; della quale è detto di sopra, le è ghirlanda Intorno; cioè cigne questa pianura intorno, come il fosso tristo; cioè Flegeton che è nel primo girone, ad essa; cioè cigne intorno la detta
- ↑ C. M. dal suo letto; dal suo spazio, ogni pianta