103Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
104 Che tien volte le spalle ver Damiata,
105 E Roma guarda sì, come suo speglio.
106La testa sua è di fin or formata,
107 E puro argento son le braccia, e il petto;
108 Poi è di rame in fino alla inforcata:
109Da indi in giuso è tutto ferro eletto,
110 Salvo che il destro piede è terra cotta,
111 E sta in su quel, più che in su l’altro, eretto.
112Ciascuna parte, fuor che l’oro, è rotta
113 D’una fessura che lagrime goccia,
114 Le quali accolte foran quella grotta.
115Lor corso in questa valle si diroccia:
116 Fanno Acheronte, Stigie e Flegetonta;
117 Poi sen va giù per questa stretta doccia
118Infin là, dove più non si dismonta:
119 Fanno Cocito; e qual sia quello stagno,
120 Tu il ti vedrai, però qui non si conta.1
121Et io a lui: Se il presente rigagno
122 Si deriva così del nostro mondo,2
123 Perchè ci appar pur da questo vivagno?3
124Et elli a me: Tu sai, che il luogo è tondo;
125 E tutto che tu sia venuto molto4
126 Pur a sinistra, giù calando al fondo,
127Non se’ ancor per tutto il cerchio volto;
128 Per che, se cosa n’apparisse nova,5
129 Non dee addur maraviglia al tuo volto.
- ↑ v. 120. C. M. Tu lo vedrai,
- ↑ v. 122. C. M. dal nostro mondo,
- ↑ v. 123. C. M. pur a questo vivagno?
- ↑ v. 125. C, M, tu sii venuto
- ↑ v. 128. Per ciò, se cosa