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i n f e r n o xiii. |
[v. 109-129] |
altri peccati detti di sopra, che à mostrato tutti l’incomodi che sono con essi nel mondo, esser ancor nell’inferno, e se alcun deletto è con essi nel mondo, pone nell’inferno essere lo contrario, come chiaramente si può vedere in quel che è detto di sopra. Quel dinanzi; cioè quel ch’andava correndo innanzi, gridava, s’intende: Or accorri, accorri, Morte: e così mostra che chiamasse la morte; E l’altro, a cui pareva tardar troppo; a fuggire, Gridava: Lano: imperò che così ebbe nome, sì non furo accorte; a correre, Le gambe tue alle giostre dal Toppo. Questo Lano fu cittadino di Siena, lo quale per molti modi fu guastatore e disfacitore di sua facultade; ma innanzi ch’elli avesse al tutto destrutta, nella battaglia ch’ebbono i Sanesi con li Aretini alla pieva 1 del Toppo, nel distretto di Arezzo ove i Sanesi furono sconfitti, Lano fu morto; e pertanto finge Dante che questi andasse gridando. Or accorri, accorri, Morte; perchè questi così fatti, quando ànno destrutte le loro facultadi vedendosi infami e bisognosi, desiderano la morte: e finge Dante che questi corresse sì forte che non fu vinto 2, perchè al tutto non avea ancora destrutto lo suo, quando morì. Dice poi: E poi che forse li fallia la lena; che non potea tanto correre, Di sè e d’un cespuglio fece un groppo; cioè appiattossi ad un pruno, mettendosi in esso. Questi fu Giacomo da Sant’Andrea, padovano, come apparirà di sotto, lo quale consumò e distrusse tutta la sua facultà innanzi che morisse, e però finge l’autore che li fallisse la lena: e finge l’autore che s’appiattasse dopo un pruno e che fosse stracciato 3 dalle cagne, et ancor lo pruno, perchè forse costui quando era diffamato 4, a sua scusa inducea questo Rucco de’ Mozzi, che fu distruggitore delle sue cose e finalmente s’impiccò, come si dirà di sotto. E perchè questo Rucco avea l’uno e l’altro peccato; cioè ch’era stato violento nelle sue cose e finalmente in sè medesimo, però finge l’autore che questi fosse dilaniato più che niuno altro; et induce che Giacomo s’appiattasse più tosto dopo lui, che dopo un altro: questo correre significa lo passamento della vita, la qual corre velocissimamente. Diretro a loro; cioè a Lano et a Iacopo, era la selva piena. Questa selva è la vita mondana viziosa, intendendo moralmente, et in essa sono radicati in pruno et in pianta silvestra li violenti contra sè medesimo, perchè sono crudeli et aspri, pungenti et infruttuosi, e rompono lo suo correre togliendosi la vita, e corrono per essa li violenti contra le loro cose, perchè non si toglieno la vita; e perchè così è di loro nel mondo, però finge verisimilmente che così sia a loro nell’altro mondo per pena conveniente. Di nere cagne, bramose e correnti. Queste cagne litteralmente si dee
- ↑ C. M. pieve
- ↑ C. M. fu giunto, perchè
- ↑ C. M. fosse dilaniato
- ↑ C. M. era disfamato,