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[v. 109-129] | c o m m e n t o | 363 |
nostri corpi appesi; cioè appiccati, Ciascun al prun dell’ombra sua molesta; cioè dell’anima sua appenata e rincrescevole di vederlo: imperò che tutta volta l’arà 1 in odio. Et è da notare che qui parla l’autore come poeta: imperò che una cosa dice e un’altra intende: imperò ch’elli intende che resurgeranno come li altri, secondo che tiene la santa Chiesa; ma finge questo per convenienzia di pena al lor peccato, intendendo che strascinare 2 sia portare la cosa malvolentieri, come faranno quelli desperati, che sempre avranno lo lor corpo in odio; e dice che saranno appiccati ciascuno al pruno; cioè all’asprezza, e crudeltà dell’ombra sua molesta; cioè dell’anima sua, che sempre sentirà dolore d’aversi disperato; ma questo dolore fia sanza prò, come detto è di sopra.
C. XIII — v. 109-129. In questi sette ternari l’autor nostro discende a trattar dei violenti contra le lor cose, dicendo così: Noi; cioè Virgilio et io Dante, eravamo ancora al tronco attesi; cioè di Piero delle Vigne, Credendo ch’altro ne volesse dire; che quello che avea detto, Quando noi fummo d’un romor sorpresi; cioè sospesi e messi in dubbio d’un rumore che udimmo; e fa una similitudine, dicendo: Similemente a colui, che venire Sente il porco e la caccia; cioè li cani e la cacciata fiera, alla sua posta; cioè al luogo ove fu posto a guardare elli, Ch’ode le bestie; cacciate, e le frasche stormire; cioè far romore. Et ecco due della sinistra costa; ora dichiara chi facea questo romore, Nudi e graffiati, fuggendo sì forte, Che della selva rompeano ogni rosta; cioè ogni frasca: imperò che delle frasche si fa rosta alcuna volta. Qui dimostra l’autore le pene convenienti alli violenti contra le loro facultadi; prima, che sono nudi, e questo è vero: chè chi si priva de’ beni temporali è nudo; appresso è graffiato; cioè dalle infamie, vergogne e vituperi; e dice che fuggieno: imperò che, vedendosi vituperati e svergognati et infami 3, fuggieno per la selva de’ vizii rompendo le frasche; cioè stracciando e diffamando coloro che si sono disperati dicendo: Anzi fece peggio di me che s’uccise, così non voglio fare io; e questo è rompere le roste 4 per fuggire infamia ellino: imperò che levare le foglie alla pianta è levare la sua bellezza, e così levare la fama all’uomo. Ancor si può dire che questi così fatti, fuggendo per questa vita vadano rompendo le roste della selva; cioè vadano togliendo l’altrui: imperò che come dice Cato: Qui sua consumunt, cum deest, aliena sequuntur. E questo finge l’autore per mostrare la pena ch’anno li violenti contra le loro cose, mentre che sono nel mondo; e per fare verisimile la fizione, finge che bastino 5 loro ancora nell’inferno, come à fatto di tutti li