[v. 55-78] |
c o m m e n t o |
357 |
papa Innocenzio col quale era in discordia, che sarebbe stata infedeltà, e però contra questo dice che portò fede al glorioso officio; cioè della cancelleria, facendo ogni cosa dirittamente e tenendo fede et occultando li segreti come dovea; et aggiugne: Tanto ch’io ne perdei le vene e i polsi; cioè la vita che sta nel sangue che è nelle vene, e nelli spiriti 1 vitali che sono nell’arterie che si manifestano per li polsi. Questi fu Piero delle Vigne da Capova 2, uomo di comune nazione e grandissimo retorico a suo tempo, come le sue epistole dimostrano, e sommo giurista, cancellier dello imperador Federigo secondo. E fu tanto nella sua grazia ch’elli era lo segreto suo consiglio e niun altro era più nel cospetto dell’imperadore tanto quant’elli, ond’elli facea dello imperadore ciò che volea e com’elli volea, così lo imperadore concedea e negava le grazie sì, ch’elli avea le due chiavi del suo cuore; cioè l’affermativa che apriva lo cuore, e la negativa che lo serrava. O secondo l’altra menzione 3 a lui erano note le cose segrete e palesi, perchè lo imperadore ogni segreto li commettea, et elli le tenea fedelmente quelle ch’erano da tenere, e con onesti modi palesava quel ch’era da palesare, come diritto e leale cancellieri: e però lo imperadore si fidava tanto di lui, che quasi niun altro avea al suo segreto consiglio, se non lui, e per questo li altri baroni dello imperadore lo cominciarono a odiare et averli invidia, et apposonli mostrando con false lettere ch’elli rivelava i segreti dello imperadore a’ suoi nimici; cioè al papa con cui lo imperadore era in guerra. E chi dice che li fu apposto disonestà della imperadrice; ma questo non s’accosta con la sentenzia del testo; onde lo imperadore essendo in Samminiato del Tedesco lo fece mettere in prigione e poi lo fece abbacinare: e forse perchè non li parve degno di morte, non credendo a pieno quello che gli era apposto, e fecelo portare a Pisa in su uno mulo, e quando fu posato a Sant’Andrea in Barattularia domandò ov’elli era, e dettoli ch’era a Pisa, avendo l’animo sdegnoso del falso, che gli era stato apposto; cioè ch’era stato traditore al suo signore rivelando i suoi segreti a’ suoi nimici, percosse tanto lo capo al muro, ch’elli s’uccise. Messer Giovanni Boccacci 4 dice che, stato in Pisa, non ricevendo forse quel merito ch’aspettava da’ Pisani, o per parole che li fossono dette, essendo a San Paolo a ripa d’Arno, domandò uno fanciullo che il guidava ov’elli era: lo fanciullo li manifestò lo luogo e, domandato se era nulla in mezzo tra lui e la chiesa, certificato dal fanciullo che no, mossesi a corsa, come fa uno montone quando vuole cozzare col capo innanzi, e percosse nel muro della chiesa col capo sì gran colpo, che il cervello uscì
- ↑ C. M. nelli spiritali vitali
- ↑ C. M. di Capua,
- ↑ C. M. l’altra intenzione
- ↑ C. M. Boccaccio