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i n f e r n o xiii. |
[v. 31-45] |
guendo il conforto di Virgilio, prese esperienza di quel che dubitava aggiugnendovi una bella similitudine, dicendo così: Allor; cioè in quel tempo, pors’io; cioè Dante, la mano un poco avante; cioè stesila E colsi un ramiscello da un gran pruno; cioè di quelli di quel bosco E il tronco suo; onde levai quel ramucello 1, gridò: Perchè mi schiante? Da che fatto fu pien di sangue bruno; cioè poi che fu insanguinato, Ricominciò a gridar; quel troncone: Perchè mi sterpi; cioè mi stracci e schianti? Non ài tu spirto di pietade alcuno; cioè non se’ tu punto pietoso? Uomini fummo; noi che tu vedi ora piante, et or siam fatti sterpi; cioè pruni o ver tronconi d’arbori: Ben dovrebb’esser la tua man più pia; cioè più pietosa, Se state fossimo anime di serpi; non che d’uomini. Come d’un stizzo verde, ch’arso sia. Qui pone l’autore una bella similitudine, dicendo che così uscia il sangue della rottura della fraschetta, come d’uno tizzone verde che sia arso dall’un capo, dall’altro esce acqua et uno sufolare 2 per la ventosità che è ripercossa dal caldo del fuoco; e similmente l’umido che è ripercosso e cacciato dall’altro capo, e però dice: Dall’un de’ capi; perchè ogni scheggia à due capi, e quando si mette l’uno nel fuoco, dall’altro gieme e sufola: quando si mette el mezzo 3 nel fuoco gieme e sufola dall’uno, che dall’altro; cioè Capo, gieme; quello stizzo, E cigola; cioè sufola, per vento che va via; et ecco la cagione del sufolare; Sì della scheggia; ora adatta la similitudine, rotta uscia insieme Parole e sangue; come dello stizzo, acqua e fischio. Sopra questo è da notare la bella moralità che l’autore intese, pigliando qui la fizione di Virgilio, e però à di sopra finto che Virgilio lo faccia accorto del luogo e che lo induca a pigliare esperienza di quelli pruni. Finge Virgilio nel terzo libro della sua Eneida, che Enea dopo la destruzione di Troia venuto in Tracia volle edificare città, per abitare quivi, et andando al bosco per pigliare legne per fare sacrificio alli idii, cavando e strappando 4 mortelle, come si richiedeano a Venere, vide della rottura del virgulto 5 cadere gocciole di sangue, e cavato poi lo secondo vide lo simile, e cavato il terzo udì una voce che disse: Enea, perchè stracci me misero? Perdona a me che sono morto e sono della tua generazione: io sono Polidoro figliuolo del re Priamo. Questo Polidoro essendo il minore de’ figliuoli del re Priamo, vedendo il re andare male i fatti di Troia, già diffidandosi di potersi difendere da’ Greci, mandò al re Polinestore di Tracia, il quale era suo cognato, fratello della reina Ecuba, con molto oro acciò che lo allevasse come figliuolo e mantenesselo, se le cose di Troia andassono
- ↑ C. M. ramuscello,
- ↑ C. M. sufilare
- ↑ El: il, scambio dell’i con l’ e praticato dagli antichi. E.
- ↑ C. M. streppando
- ↑ C. M. della virgulta del virgulo