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c a n t o   xiii. 347

97Cade in la selva, e non gli è parte scelta;
      Ma là dove fortuna la balestra:
      Quivi germuglia, come gran di spelta.
100Surge in vermena, et in pianta silvestra:
      Le Arpie, pascendo poi delle sue foglie,
      Fanno dolore, et al dolor finestra.
103Come l’altre, verrem per nostre spoglie;
      Ma non però ch’alcuna sen rivesta:
      Che non è giusto aver ciò, ch’om si toglie.
106Qui le strascineremo, e per la mesta
      Selva seranno i nostri corpi appesi,
      Ciascun al prun dell’ombra sua molesta.
109Noi eravamo ancora al tronco attesi,
      Credendo ch’altro ne volesse dire,
      Quando noi fummo d’un romor sorpresi;
112Similemente a colui, che venire
      Sente il porco e la caccia alla sua posta,
      Ch’ode le bestie e le frasche stormire.1
115Et ecco due della sinistra costa2
      Nudi e graffiati, fuggendo sì forte,
      Che della selva rompeano ogni rosta.
118Quel dinanzi: Or accorri, accorri, Morte;
      E l’altro, a cui pareva tardar troppo,
      Gridava: Lano, sì non furo accorte3
121Le gambe tue alle giostre dal Toppo.4
      E poi che forse li fallia la lena,
      Di sè e d’un cespuglio fece un groppo.
124Diretro a loro era la selva piena
      Di nere cagne bramose e correnti,
      Come veltri che uscisser di catena.

  1. v. 114. C. M. le frasche fremire.
  2. v. 115. C. M. dalla sinistra costa
  3. v. 120. C. M. Lano, non sì furo accorte
  4. v. 121. C. M. del Toppo.