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i n f e r n o xi. |
[v. 76-90] |
Aristotile nel libro vii dell’Etica, secondo l’ordine della quale divisione l’autore compuose questa prima cantica. E qui è da notare che incontinenzia è vizio quando la ragione conosce quello che si dee fuggire, e la concupiscenzia la tira ad esso, e seducevi l’uomo per non raffrenare la concupiscenza; e per questo à posto di fuori lussuria, gola, avarizia, prodigalità, ira et accidia, in quanto si commettono per incontinenzia e non fa menzione della superbia e dell’invidia, perchè mai non si commettono per incontinenzia; ma per propria malizia: imperò che nelli peccati detti di sopra sono delettazioni e tristizie; e continenzia et incontinenzia è intorno alli diletti et alle tristizie, e può stare lo giudizio della ragione. Ancor è necessario, come dice Aristotile nel detto libro, che sempre stia lo giudicio della ragione che conosca quello che non è da fare; ma tirato dalla concupiscenzia 1: e se ristesse, sarebbe continenzia. Malizia, è come dice Aristotile, vizio contrario alle virtù morali e quando la ragione è sì accecata che elegge lo vizio parendoli bene, e da eleggere sotto apparenzia di bene, e però dice bene elli: Omnis malus ignorans; e sotto questa si contiene superbia et invidia specialmente, perchè a questi due non si può discéndere, stante lo giudicio della ragione, per concupiscienzia: imperò che in questi due non è delettazione. Possonsi li sopra detti peccati; cioè lussuria, gola ec. commettere per malizia ancora, quando la ragione e sì accecata che ella giudica questi esser bene, e sotto apparenzia di bene acconsente ad essi; e per tanto finge l’autore che siano puniti d’entro alla città di Dite, come apparirà nel processo del libro. E però di questi tratta l’autore di fuori della città di Dite in quanto si commettono per incontinenzia; e d’entro alla città, in quanto si commettono per malizia o per bestialità; ma sott’altri nomi e vocaboli: come li irosi e golosi, superbi et avari e lussuriosi sotto la violenzia; così lussuriosi et avari, et invidiosi, e superbi, et irosi, e prodigi secondo diverse spezie e modi delli detti peccati sotto la fraude, come appare nel testo di sopra, quando furono nominate le loro spezie, e mostrata la loro distinzione. E questa fizione fa l’autore per fare verisimile lo suo poema: imperò che ragionevole è che men grave peccato men gravemente sia punito, e il più grave più gravemente: meno gravi pene sono fuori della città Dite che dentro, come appare a chi bene le considera. Appresso ebbe rispetto allegoricamente a quelli del mondo: imperò che chi pecca per incontinenzia nelli detti cinque peccati, è fuori dell’ostinazione che è significata per la città Dite e riceve le pene che danno si fatti peccati,
- ↑ C. M. dalla concupiscenzia consenta, e per tanto incontinenzia, e se resistesse,