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à detto che si puniscono l’irosi e li accidiosi, Che mena il vento; cioè quelli del secondo cerchio; cioè li lussuriosi, e che batte la pioggia; cioè quelli del terzo cerchio; cioè li golosi, E che s’incontran 1 con sì aspre lingue; cioè quelli del quarto cerchio; cioè li prodighi e li avari i quali, quando s’incontrano, l’uno rimpruovera all’altro lo suo peccato, dicendo: Perchè tieni o perchè burli? Perchè non d’entro della città roggia; cioè aspra, che si chiama Dite, Son ei puniti; come questi altri, se Dio gli à in ira; che mostra che sì? E se non gli à; in ira s’intende, perchè sono a tal foggia; cioè perchè sono a quelle pene che è detto di sopra? Questa domanda fa Dante per certificare lo lettore, perchè elli à fatta questa fìzione distinguendo questi peccati, de’ quali à ridire, da quelli che sono detti; e la ragione si mosterrà di sotto.
C. XI — v. 76-90. In questi cinque ternari l’autor nostro finge come Virgilio risponde alla sua domanda e solve lo suo dubbio; primo, riprendendo lui nel dubitare, riprendendo le cagioni che possono essere del dubbio, dicendo così: Et elli; cioè Virgilio, a me; cioè Dante, disse: Perchè tanto delira; cioè esce del solco; cioè si svia, lo ingegno tuo da quel che suole; cioè da la sottigliezza della ragione, che suole avere, e questa può essere l’una cagione del dubitare. Aggiugne l’altra, dicendo: O ver la mente tua altrove mira? Quasi dica: Perchè mira la tua mente altrove: imperò che quando l’uomo è intento ad altro, non intende quel che ode, nè che dee intendere; onde si dice: Pluribus intentus minor est ad singula sensus? E reduceli a memoria la sentenzia d’Aristotile nel libro dell’Etica, dicendo: Non ti rimembra; cioè non ti ricorda, di quelle parole, Con le quai la tua Etica. Questo è uno libro che fece Aristotile ove si tratta de’ costumi, et Etica tanto vuol dire quanto scienzia morale; e dice tua, a dimostrare che Dante fu studioso di quel libro e di quella scienzia e seppela bene. pertratta Le tre disposizion, che il Ciel non vuole. Incomincia a riducere a memoria a Dante della sentenzia d’Aristotile nel vii libro dell’Etica, ove dice che tre spezie di peccati sono che il cielo scaccia da sè, e sotto questa divisione 2 l’autor puose ordine al suo trattato, e non secondo le specie de’ peccati mortali capitali, come molti credono; e niente di meno di tutti li peccati mortali tratta in questa prima cantica ordinatamente, come appare a chi la legge intellettivamente; e manifesta quali sono queste specie, dicendo: Incontinenzia, malizia e la matta Bestialitade? Qui Virgilio dimostra la divisione de’ vizi che pone