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c o m m e n t o |
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li gittò dell’acqua della palude Stige addosso e mutollo in gufo, o vero in barbagianni. Allora Giove per contentare la figliuola e il fratello, trasse patto che la metà dell’anno dovesse stare di sotto nell’inferno, e l’altra metà di sopra; e però dicono che questa è la luna, che tanto sta nell’emisperio di sotto, quanto di sopra. Ma l’autor nostro per Proserpina allegoricamente intende la superbia, la quale è regina dell’inferno et è moglie del Lucifero: imperò che con lui sempre sta congiunta. Che tu; cioè Dante, saprai quanto quell’arte pesa; cioè del tornare e del cacciare; e questo dice per tanto: imperò che dal di’, che l’autore finge ch’avesse questa meditazione, non passarono tre anni e due mesi ch’elli e’ suoi furono cacciati di Firenze, sì che non vi tornarono, e perdè Dante tutto il suo. E se tu mai nel dolce mondo regge; cioè torni: priega messer Farinata e scongiura Dante che se mai ritorna nel mondo, li dica per che cagione il popolo di Firenze è sì empio contra li suoi in ogni legge ch’elli fa; e però dice: Dimmi, perchè quel popolo; cioè fiorentino, è sì empio Incontra’ miei; cioè contra li Uberti de’ quali era messer Farinata, in ciascuna sua legge? Questo dice perchè d’ogni legge che si facea a grazia delli usciti, li Uberti n’erano eccetti; e se si facea a danno, v’erano nominati; o forse in ogni legge diceano: Ad onore del presente stato, et a destruzione delli Uberti e lor seguaci; o Ad onore e stato di parte guelfa, et a male e destruzione di parte ghibellina, della quale i detti Uberti erano caporali.
C. X— v. 85-93. In questi tre ternari finge l’autore ch’elli desse risposta a messer Farinata alla sua domanda, dicendo: Ond’io; cioè Dante, a lui; cioè a messer Farinata dissi: Lo strazio e il grande scempio; fatto del popolo di Firenze, Che fece l’Arbia; cioè quel fiume, colorare in rosso; cioè in sangue. Et intorno a questo è da sapere ch’essendo messer Farinata con la sua parte e seguaci fuori di Firenze, accostossi con la parte di Toscana ghibellina e col conte Giordano vicario del re Manfredi; e combatterono nel terreno di Siena a Monte Aperti, presso a uno fiume chiamato Arbia col popolo di Fiorenza 1, e fu fatto grande strazio e scempio di loro; sicché per la grande uccisione e spargimento di sangue, l’Arbia diventò rossa, e pertanto dice che il popolo di Fiorenza era così empio contra messer Farinata e li suoi; e però soggiugne: Tal’orazion fa far nel nostro tempio; cioè a destruzion degli Uberti; e dice nel nostro tempio o per porre la parte per lo tutto, secondo quel colore retorico, che si chiama intellezione; cioè in Firenze: o perchè al vero le leggi e li statuti si soleano fare coi consigli, che si faceano
- ↑ C. M. di Fiorensa, dove fu sconfìtto lo populo fiorentino, e fu fatto