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c o m m e n t o |
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Colui, ch’attende là; cioè che m’aspetta colà, per qui mi mena; cioè me Dante: questi era Virgilio, Forse cui Guido vostro ebbe a disdegno; questo dice l’autore perchè Guido dispregiava li poeti, e Virgilio come li altri; e dice forse, per parlare più onesto. Et è qui da notare che alcuna volta Virgilio in questa Comedia si pone pure per Virgilio come nel primo canto et ancor qui; et alcuna volta per la ragione pratica della poesia, come quando nella seconda cantica l’autor finge che Virgilio si parta da lui et abbandonilo; alcuna volta e per la ragione superiore et inferiore, et alcuna volta per l’una solamente; e però è necessario che lo lettore intenda secondo che è necessario al testo, e però ora 1, quando dice che Virgilio l’aspettava, vuole intendere che a parlamentare con questi suoi Fiorentini non usava la ragione pratica della poesia, perchè finge che parlassono di cose che non si stendevano a poesia; e così si dee intendere, quando dice che Guido ebbe a disdegno Virgilio. Le sue parole; cioè di messer Cavalcante, e il modo della pena: imperò che era come d’eretico, M’avean di costui già letto il nome; cioè m’aveano manifestato chi era, Però fu la risposta così piena: imperò che subitamente rispose. Di subito drizzato; qui si mostra la superbia: imperò che tutti li eretici, e quelli che sono dentro alla città Dite, sono sottoposti alla superbia, o alla invidia che è sua figliuola; e ritto subito messer Cavalcante, gridò: Come Dicesti: Elli ebbe; cioè tu dicesti: Ebbe a disdegno, che mostra che sia morto, e però domanda, non viv’elli ancora; parlando di Guido suo figliuolo? Non fier nelli occhi suoi lo dolce lome; cioè la chiarità del cielo e del sole? E per questo domanda quel ch’à detto di sopra. Altro testo dice: Non fieron li occhi suoi lo dolce lome? E questo s’intenderebbe, come dice nella Prospettiva, che li occhi veggono mettendo fuori li raggi visuali, e percossi nella cosa veduta, si riflettono alli occhi mediante la luce 2, e rapportano all’occhio. Quando s’accorse d’alcuna dimora, Ch’io facea dinanzi alla risposta; e questa dimora era, perchè Dante era entrato in altro pensieri, come apparirà di sotto: Supin ricadde; cioè ritornò rovescio com’era prima, e più non parve fora; cioè e più non si vide poi. E questo finge l’autore, perchè il superbo cade rovescio 3 e non boccone: imperò che tal cadere s’appartiene al superbo, che tanto si beva e spigne il petto 4 in fuori, che cade addietro; e però significa tal cadere superbia, come il cader boccone significa umiltà.
- ↑ C. M. però avale, quando
- ↑ C. M. e così fiereno la luce, e rapportano
- ↑ C. M. cade riverto e non boccone:
- ↑ Il Codice nostro à peccato che abbiamo corretto con la lezione del M.; come più sotto si è aggiunto - con messer Farinata - sino - al settimo. E.