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282 | i n f e r n o x. | [v. 31-39] |
quelli sepolcri, per la quale spaventato s’accostò a Virgilio, e però dice: O Tosco; cioè o Toscano, che per la città del foco; cioè per la città Dite, ove è continuo foco, come detto fu di sopra, Vivo ten vai così parlando onesto; questo dice per la risposta che Dante avea fatta a Virgilio, che fu assai onesta, Piacciati d’arrestarti in questo loco; ad attendere un poco a me, dice la voce. La tua loquela ti fa manifesto Di quella nobil patria natio; quasi dica: Al parlar ti manifesti esser Fiorentino. E commenda qui l’autore la sua patria di nobiltà, perchè, disfatta Fiesole, nobili romani edificarono Fiorenza, come si dirà di sotto. Alla qual forse io fui troppo molesto. Accusasi questo che parla, che fu messer Farinata del quale si dirà di sotto, d’avere inquietato e molestato la pace della sua patria con le sue sette, e divisioni. Subitamente questo suono uscio D’una dell’arche. Parla ora Dante, notificando che le parole dette di sopra uscirono d’uno sepolcro. però m’accostai, Temendo, un poco più al Duca mio; cioè a Virgilio; e questo dice l’autore per mostrare ch’elli s’accostasse più alla ragione, avendo a parlare con suo Fiorentino parziale, avverso a lui, temendo che l’affezione nol movesse a parlare indebitamente.
C. X. — v. 31-39. In questi tre ternari l’autor nostro finge che poi s’accostò a Virgilio, spaurito della voce, Virgilio lo certificò chi era, e sospinselo là a lui, et ammonillo; e dice così: Et el; cioè Virgilio, mi disse; cioè a me Dante: Volgiti, che fai? Vedi là Farinata, che s’è dritto; cioè levato in piè: Dalla cintura in su tutto il vedrai; perchè apparirà fuor del sepolcro da indi in su. Questo fu messer Farinata delli Uberti, li quali furono grandi gentiluomini di Fiorenza, ghibellini, e per tanto fu contrario alli antichi di Dante come apparirà di sotto, e fu eretico che non credea essere altra vita che questa; e per questa eresia cadde nelli altri vizi, pigliando piacere delle cose del mondo più che non si convenia, e però di sopra nel canto vi ove tratta della gola, parlando con Ciacco dice: Farinata e il Tegghiaio, che fur sì degni; e Ciacco rispose: Diversa colpa giù li grava al fondo. Finge l’autore che si fosse levato in piè e fatto fuori del sepolcro, a significare che la sua eresia non tenea celata, anzi la pubblicava. Io avea già il mio viso nel suo fitto; dice Dante che, per riconoscerlo, già lo riguardava fiso; Et ei surgea col petto e con la fronte; cioè tenea il petto e la fronte alta, e per questo mostrava che dispregiasse l’inferno, e però dice: Come avesse lo inferno in 1 gran dispitto; et in questo si dimostrano la pertinacia e la rebellione che sono delle figliuole della superbia, e compagne dell’eresia, come fu detto di sopra al cap. ix; e queste furono in messer Fari-
- ↑ C. M. a gran dispitto;