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[v. 10-21] | c o m m e n t o | 281 |
destruzione del mondo, la quale dè essere con fuoco; e però dice Virgilio che stanno ora aperti li sepolcri, perchè vi son pur l’anime: allora si chiuderanno quando vi sieno l’anime coi corpi, che non ve ne saranno 1 più ad entrare, perchè sarà consumato lo secolo; e questa è un’altra ragione oltra quella, che fu detta di sopra. Suo cimitero da questa parte ànno Con Epicuro tutti i suoi seguaci. Epicuro fu uno filosofo che rinnovò la setta d’Aristippo, e tenea che non vivesse l’anima dopo il corpo 2; e questa opinione è eretica, e però finge l’autore che tutti color che seguitano questa opinione insieme con Epicuro sieno sepolti in quelli sepolcri. Et è qui da notare che però finge l’autore che li eretici sieno sepolti: imperò che niuno peccato ammorta tanto la ragione, quanto l’eresia: imperò che nelli altri peccati l’uomo si può riconoscere che fa male; ma l’eretico, se Dio non ne ’l cava per special grazia, non si può riconoscere, perch’elli si crede avere la vera opinione. Che l’anima col corpo morta fanno; ecco la loro eresia per la quale sono dannati. Però alla domanda che mi faci 3 Quinci entro satisfatto sarai tosto. Qui risponde alla domanda che Dante fece dicendo, che tosto sarà certificato, se la gente che è per li sepolcri si potrebbe vedere: imperò che ne vedrà, come apparirà di sotto. Et al disio ancor che tu mi taci; cioè sarà ancora satisfatto al desiderio tuo, che non me lo manifesti; questo era, ch’elli desiderava di sapere particularmente, se v’era messer Farinata, e messer Cavalcante, li quali erano vivuti in sì fatta eresia, et elli ve li troverà, sì che ben fia satisfatto a questo desiderio. Potrebbesi qui dubitare dalla gente grossa, come indovinava Virgilio lo desiderio di Dante. A che si può rispondere che la ragione sa che la sensualità cerca di sapere le cose particulari, com’ella l’universali per le particulari, e ch’ella non può comprendere l’universalità, sì che benché Dante domandasse universalmente, quando disse: La gente, ec.; la intenzione sua era sapere particularmente, se vi erano de’ Fiorentini e chi erano quelli; e questa è fizione dell’autore. Et io; cioè Dante risposi: Buon Duca, non tengo nascosto A te mio cuor, se non per dicer poco; cioè per non dir troppo, quasi dica: S’io domandai generalmente, io lo feci per parlare brievemente: chè il mio cuor, tu sai, ch’io nol tengo occulto, E tu m’ài non pur mo a ciò disposto; cioè tu me n’ài ammaestrato ancora altra volta.
C. X — v. 22-30. in questi tre ternari l'autor nostro finge che come andava così parlando con Virgilio, egli udì uscire una voce di