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276 i n f e r n o

79Ma non cinquanta volte fia raccesa
     La faccia della donna, che qui regge,
     Che tu saprai quanto quell'arte pesa.
82E se tu mai nel dolce mondo regge,1
     Dimmi, perchè quel popolo è sì empio
     Incontra’ miei in ciascuna sua legge?
85Ond’io a lui: Lo strazio e il grande scempio,
     Che fece l’Arbia colorare in rosso,2
     Tal’orazion fa far nel nostro tempio.
88Poich’ebbe sospirando il capo mosso,
     A ciò non fu’ io sol, disse, nè certo
     Sanza cagion con li altri sarei mosso;
91Ma fu io sol colà dove sofferto
     Fu per ciascun di torre via Fiorenza,
     Colui che la difesi a viso aperto.
94Deh! se riposi mai vostra semenza,
     Pregai io lui, solvetemi quel nodo,
     Che tiene inviluppata mia sentenza.3
97El par, che voi veggiate, se ben odo,
     Dinanzi quel che il tempo seco adduce,
     E nel presente tenete altro modo.
100Noi veggiam come quei, ch’a mala luce,
     Le cose, disse, che ne son lontano:
     Cotanto ancor ne splende il sommo Duce.
103Quando s’appressan, o son, tutto è vano
     Nostro intelletto; e s’altri non ci apporta,4
     Nulla sapem di vostro stato umano.5

  1. v. 82. Tu .... regge; riedi, tu torni. Qui è scambiato il d in gg come in cheggi, chiedi; veggi, vedi e simili. E.
  2. v. 86. C. M. colorata
  3. v. 96. Che qui à inviluppata
  4. v. 104. nol ci apporta,
  5. v. 105. Sapemo, cadenza originale, a cui ora è preferito sappiamo. E.