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xxviii | introduzione |
nati a congiungere il senso storico con l’intelletto filosofico delle cose, e a perfezionare l’uno con l’altro, possiamo e dobbiamo far giustizia intera dei più antichi espositori della Divina Commedia, e collocare Francesco da Buti in quel luogo di onore, che a lui meritamente è dovuto1. Quì ne piace di dover dire che nella città, che gli fù patria, siasi fatta la prima edizione di questa sua opera, e che i manoscritti, su i quali è stata condotta la stampa, siano venuti nelle mani dei pisani tipografi Carlo e Giuseppe Nistri da quelle dell’illustre Personaggio, di cui la Italia gratamente ricorda la liberalità ad incremento della letteratura Dantesca leggendo il Commento di Pietro Allighieri pubblicato nel 1845. Il signor Crescentino Giannini, che pose le sue cure letterarie a questa edizione, ha notato con grand’esattezza le varie lezioni dei codici; e come alcuna volta hà dato luogo nel testo a quella che si dovesse prescegliere, così avrebbe potuto darlo sempre, se per troppa modestia non avesse voluto lasciare questa scelta al giudizio libero dei lettori.
S. Centofanti.
- ↑ S’egli cade alcuna volta in errore, non vorremo chiamarlo in colpa con troppa severità. Così egli mostra di confondere Zenone, principe della setta Stoica, con quello di Elea; dice che i Frisoni sono i popoli della Frigia; che i Tedeschi Lurchi sono due popoli, cioè Tedeschi e Lurchi; e che sinderesis, che per lui è la ragione somma, significa faccia del cuore: se questo errore non è del copista. Ma nelle etimologie greche que’ nostri antichi facilmente sbagliavano.