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272 i n f e r n o   ix. [v. 124-133]

Nestorio, Euticio e molti altri, de’ quali si trova nella Scrittura santa; e li rimedi contra questo vizio, sono quelli che l’autor puose; cioè, quando suonano e gridano le furie, accostarsi alla ragione e domandar grazia da Dio singulare che l’aiuti, e rivolgersi a dietro dal peccato, e chiuder l’affetto e l’intelletto con le cose virtuose1. Le pene, che l’autor finge essere a questo peccato, sono sepolcri di pietra e lo fuoco, le quali ben si convengono a questo peccato: imperò che l’eretico tiene sepolta la ragione nella sua falsa opinione, la quale è dura come pietra, e degnamente sono incesi dal fuoco: imperò che ànno avuto immoderato amore a lor medesimi, volendo più credere al lor semplice parlare che alla congregazione de’ santi e savi uomini, sicchè litteralmente si convengono a quelli dell’inferno, et allegoricamente si veggono essere in quelli del mondo. Et è da notare che l’autore finge che li sepolcri stieno aperti per due cagioni; l’una è per mostrare che ancor le sette non son venute meno; e però di sotto avremo che al di’ del Giudizio si chiuderanno, perchè saranno venute meno le sette; l’altra cagione si è che lo loro errore manifestano alli altri et inducevi li altri; ma notatamente l’autor li mette allato alle mura del ferro, perchè sono nel vi cerchio che è lo primo della città Dite, e per significare la loro ostinata mente, dura come ferro, e fredda dell’amor dello Spirito Santo. Seguita: E poi che a la man destra si fu volto; cioè Virgilio per andare ove s’attraversava la larghezza del cerchio sesto, Passammo; cioè Virgilio et io Dante, tra’ martìri; che erano nelli sepolcri, e li alti spaldi; cioè l’alte mura della città Dite, che si chiamano spaldi. Qui finisce lo nono canto.

  1. C. M. con le virtuose operazioni e con le virtuose speculazioni. Le pene,