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270 | i n f e r n o ix. | [v. 124-133] |
presso alla quale Rodano entra in mare, e però dice: ove il Rodano stagna. Rodano è un fiume grande in Proenza. Sì come a Pola. Pola è una città posta in Capo d’Istria in verso la Schiavonia, ove è uno braccio di mare che si chiama Carnaro, et è molto pericoloso per un vento che lo chiamano Carnaro ancora; ma i marinai lo chiamano Ostra, e però dice: appresso del Carnaro, Che Italia chiude e i suoi termini bagna. Questo dice perchè Italia da quella parte si stende in sino al Carnaro, e qui finisce. Fanno i sepolcri; che vi sono, tutti il lito varo; cioè curvo et ad Arli et a Pola, e fa l’autor qui questa similitudine; che come ad Arli et a Pola sono molti sepolcri posti qua e là; così ne trovò Dante e Virgilio grande quantità dentro alle mura di Dite, intorno intorno nel sesto cerchio, lo quale era tutto pieno. La cagione perchè ad Arli siano tanti sepolcri, si dice che avendo Carlo Magno combattuto quivi con infedeli, et essendo morta grande quantità di Cristiani, fece priego a Dio che si potessino 1 conoscere dall’infedeli, per poterli sotterrare; e fatto lo prego, l’altra mattina si trovò grande moltitudine d’avelli et a tutti li morti una scritta in su la fronte, che dicea lo nome e il soprannome; e così conosciuti, li seppellirono in quelli avelli. Perchè a Pola ne sieno tanti alla marina del Carnaro, che molti ve ne sono, non se ne trova cagione, se non che studiosamente fossono fatti per sotterrarvi quelli della Schiavonia che si sotterrono alla marina. Così facevan quivi d’ogni parte. Adatta la similitudine, dicendo, che così erano dentro alle mura di Dite da ogni parte; cioè da man destra e da sinistra, Salvo che il modo v'era più amaro; quivi nella città di Dite, che ad Arli o a Pola, e manifesta la cagione. Chè tra li avelli; che qui erano, fiamme erano sparte; cioè tra l’uno e l’altro, Per le quali; cioè fiamme, eran; cioè li avelli, sì del tutto; cioè in tutto, accesi, Che ferro più non chiede verun’arte; acceso, per essere fabbricato. Tutti li lor coperchi; cioè delli avelli, eran sospesi; cioè erano aperti sì, che si potea vedere in essi, E fuor ne uscian; cioè delli avelli, sì duri lamenti; che facevano quell’anime che v’eran dentro, Che ben parean di miseri e d’offesi; sì che apparea 2 la miseria e l’offensione di coloro che v’erano dentro. Questa è la sentenzia. litterale; l’allegoria, che ci è, si toccherà di sotto.
C. IX — v. 124-133. In questi tre ternari e verso ultimo si contiene la domanda dell’autore e la risposta di Virgilio, et è la
- ↑ Potessino; oggi più comunemente potessero. Poichè la terza plurale risulta dalla giunta di qualche sillaba alla terza singolare, adoperato potessi nella terza singolare dell’imperfetto condizionale, ne originava direttamente potessino. E.
- ↑ Apparea, da apparere, verbo ridotto dalla terza coniugazione alla seconda, come offerere, pentere e simili. E.