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262 | i n f e r n o ix. | [v. 82-90] |
nesse fermo. E sopra questa parte, oltre alla verisimilitudine che à questa fizione secondo la lettera, è da notare una obiezione che occorre, perchè di sopra a detto nel canto secondo: Io son fatta da Dio, sua mercè, tale, Che la vostra miseria non mi tange, E fiamma d’esto incendio non m’assale; come finge ora l’autore che l’angelo rimovesse dal suo volto l’aer grasso con la sinistra, parea adunque che l’offendesse? A che si può rispondere che l’autor finge che l’angelo rimovesse dal volto suo l’aer grasso dello inferno per abominazione e sdegno, che li venia del peccato che si puniva quivi, non per offensione che ne ricevesse; e però soggiugne, che di quella angoscia parea lasso, non però che fosse. Oltra questo è da notare che secondo l’allegorica esposizione s’intende del mondo: imperò che quando l’angelo passa per lo mondo pieno di peccati, per andare a fare li ministeri che li sono posti da Dio, truova l’aere grasso; cioè nebbioso, pieno d’ignoranzia e grossezza d’ingegno che s’induce dal peccato, e quella rimuove con la sinistra dal suo volto, che significa la sua volontà; e per questo s’intende da coloro che sono nella grazia di Dio. Et attribuisce questo uficio alla man sinistra di vietare e cessare li peccati e la loro ignoranzia e grossezza: imperò che con la destra apparecchia la intelligenzia et abilità delle virtù1, e la sinistra è proibitiva de’ peccati. E ben mostra ch’avesse assai che fare: imperò che dice che tanto la menava spesso, che solo di quella angoscia parea stanco; e per questo dimostra l’abondanzia de’ vizi e de’ peccati che sono nel mondo. E per quello che soggiugne che lo conobbe e che si volse a Virgilio, che li fe segno che stesse cheto et inchinassesili e facesseli reverenzia, è notabile che niuna cosa dee fare la sensualità significata per Dante, se non consigliata dalla ragione significata per Virgilio; appresso dà ammaestramento a quelli del mondo che a’ messi di Dio faccino reverenzia, e niente dimandino da loro; ma solamente da Dio. Aggiugne che li parea pieno di disdegno; cioè d’ira, per zelo per empiere la volontà di Dio contra coloro che voleano contrariare, e dimostra la infinita potenzia di Dio, che con una verghetta aperse la porta della città Dite, che non ebbe alcuna fermezza, quasi dica: Con minima forza, anzi con leggerissima cosa vince Idio ogni grande potenza di demoni quantunque sia, e similmente de’ mondani quando vuole. E questo aprire della porta s’intende lo rimovimento de’ peccati, o vero impedimenti ch’erano dati a Dante, perchè non vedesse li peccati che procedono dalla malizia, acciò che non ne correggesse se non li uomini del mondo, che leggeranno lo suo libro.
C. IX — v. 94-105. In questi cinque ternari l’autor pone, pri-
- ↑ C. M. delle virtù, sì che la destra è escusativa delle virtù, e la sinistra