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[v. 43-54] | c o m m e n t o | 255 |
che Virgilio li manifestasse per nome le furie apparite in sulla cima della torre, e però dice: E quei; cioè Virgilio, che ben conobbe le meschine; cioè le misere messaggiere, Della reina dello eterno pianto; cioè di Proserpina regina dell’inferno, ove è sempre pianto e dolore, Guarda, mi disse; cioè a me Dante, le feroci Erine; erinis è a dir discordia. Quivi ove sono queste è sempre discordia, onde alcuna volta la Grammatica le chiama furie, come è detto di sopra; alcuna volta, Erine come detto è ora, che viene a dire discordia, ovvero combattimento; alcuna volta, Eumenides che viene a dire mancamento di beni, e ben dice feroci perchè sono crudeli. Quell’è Megera dal sinistro canto. Virgilio nomina qui le furie, come finge l'autore, del nome detto di sopra; ma qui si dee notare lo luogo: imperò che l’autor finge che Virgilio ponesse Megera dal lato manco: imperò che il mal pensieri vien dal cuore che è nel lato manco. Quella, che piange dal destro, è Aletto. Qui finge che Aletto sia dal lato ritto perchè le percuote chi l’è incontro. Tesifone è nel mezzo; tra l’una e l’altra: imperò che tra il pensare e il male aoperare è in mezzo il mal parlare, e tacque a tanto; cioè a questo Virgilio si tacque.
C. IX — v. 49-54. In questi due ternari l'autor nostro pone come dopo la manifestazione delle furie fatta da Virgilio, elli comprese alcuno loro atto e loro parlamento, e però dice: Con l'unghie si fendea ciascuna il petto; di quelle tre furie, Batteansi a palme; tutte e tre, e gridavan sì alto; le dette tre furie. E per questo l’autor manifesta li tre loro propri ufici: imperò che per lo graffiare del petto s’intende li lor mal pensieri, che cruenta et insanguina lo cuore; e notantemente di tutte: però che agli altri due atti va innanzi il mal pensiere tutte le volte, quando si pecca per malizia; per lo battersi a palme s’intende la mala operazione, et ancor si dà a tutte: imperò che queste sono fuor 1 che l’una va con l’altra, e massimamente la terza dà ad intendere innanzi si trova la seconda e la prima, e nella seconda la prima; ma non e converso come appare a chi ben considera; per lo gridare alto s’intende la mala locuzione. Ch’io; cioè Dante, mi strinsi al Poeta per sospetto; cioè a Virgilio, et allegoricamente alla ragione, e solamente dice per paura della voce: imperò che più nuoce il mal parlare, che il mal pensare, o male operare al prossimo, e però è più pericoloso; e però finge che si strignesse al poeta; cioè alla ragione per paura, ch’ebbe la sensualità, delle dette furie che non impedessono lo suo cammino. Vegna Medusa. Ecco che gridavano le dette furie; cioè che venisse Medusa, onde qui è da notare la fizione che pongono li poeti di
- ↑ C. M. sono suori che l'una