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252 | i n f e r n o ix. | [v. 16-30] |
Virgilio, per mostrare come si variano le sentenzie quando l’animo è acceso a ira; et ancora finge quel parlare tronco, per dare ammaestramento all’uomo che esamini bene le parole dette dal savio uomo, innanzi che giudichi, e tirile a tutte le sentenzie che tirar si possono, e prendane la migliore.
C. IX — v. 16-30. In questi cinque ternari l’autor nostro finge che facesse a Virgilio una domanda la qual pone prima, e poi soggiugne la risposta di Virgilio. Dice adunque così: In questo fondo; dimostrando la città Dite, della trista conca; cioè dell’inferno, il quale chiama conca: però che ogni cosa che tiene è conca, e dice trista: però che è piena di tristizia, Discende mai alcun del primo grado; cioè del primo cerchio ove pose il castello, e quelli che non ànno peccato; ma son morti sanza fede, Ch’ à sol per pena la speranza cionca; cioè che son sanza speranza di grazia, et ànno continuo desiderio, onde disse di sopra cap. iv, Che sanza speme vivemo in disio? — Questa question fec’io; dice Dante, la qual’ è detta di sopra, per mostrare onde li venia paura di potere entrare nella città Dite, e che Virgilio li sapesse mostrare il cammino. Aggiugne la risposta di Virgilio: e quei; cioè Virgilio disse, s’intende: Di rado Incontra; cioè addiviene rade volte, mi rispuose; cioè mi rispose a me Dante, che di nui; cioè di quelli del primo cerchio, Faccia il cammin alcun, per qual io vado; ora con teco. Ver è, ch’altra fiata qui giù fui; dice Virgilio, Congiurato da quell’Eriton cruda; cioè crudele, Che richiamava l’ombre; cioè facea tornare l’anime un’altra volta, poi ch’erano morti, ài corpi sui; e questo manifestò Virgilio quando vi fu, e come; cioè quando Eriton lo scongiurò. Questa Eritone fu una femmina di Tessaglia incantatrice che facea per arte magica tornare l'anime ai corpi, e rispondere delle cose che doveano venire. Di questa fa menzione Lucano, ponendo che Sesto figliuolo di Pompeio andò a lei per domandare dell’avvenimento della battaglia; et ella allora fece l’arte, e fece tornare una anima nel corpo, e disse quel che dovea avvenire. Ma questa fizione; cioè che Eriton scongiurasse Virgilio, fa l’autor nostro da sè poetando: chè questo non si truova appo li autori, nè non è da dire che qui l’autore faccia allegoria; ma finge questo per dare verisimilitudine alla sentenzia litterale, considerato ch’avea finto di sopra che Virgilio era di quelli del primo cerchio. Et ancora Virgilio dice nel sesto dell’Eneida: Nulli fas casto sceleratum insistere limen. — Di poco; cioè di poco tempo, era di me; anima, la carne; mia, nuda, Ch’ella; cioè Eriton, mi fece entrar dentro a quel muro; della città Dite: Per trarne un spirto; fuor di quella città, del cerchio di Giuda; cioè nel quale è Giuda; lo qual cerchio si chiama la Giudecca dal nome di Giuda. E questo finge l’autore, per mostrare che sia possibile che