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   [v. 1-9] c o m m e n t o 249


C. IX — v. 1-9. In questi tre ternari lo nostro autor procedendo oltre nel trattato, dimostra quel che disse Virgilio, e che disse dopo quel che fu detto nell’altro canto; onde dice: Quel color; cioè smorto e pallido, che viltà di fuor mi pinse; nel volto, Vedendo il Duca mio; cioè Virgilio, tornar in volta; della porta di Dite, Più tosto d’entro il suo nuovo ristrinse; dentro a sè; cioè lo colore smorto, che venne per viltà nella faccia di Dante, ristrinse più tosto che non avrebbe fatto, dentro a Virgilio lo suo nuovo; cioè il color acceso dell’ira che ora nuovamente era venuto nella faccia di Virgilio, dimostrandosi con rossezza. Onde qui è da notare che timore procede da viltà di cuore, perchè timore è tristizia di cuore, o desperazione1 d’avere la cosa desiderata, o sperante d’aver la cosa odiata; e per tanto la natura che sempre soccorre alle parti ch’ànno mancamento o difetto, manda il sangue dentro al cuore, e perciò diventa l’uomo pallido in faccia, e però pallidità è segno di paura quando viene subita. Questo si dice perchè alcuna volta viene per infermità, et alcuna volta per paura2; et a differenzia di queste disse l’autore, che viltà di fuor mi pinse. Ancor è da notare qual fu lo color nuovo di Virgilio; e questo fu rossezza nella faccia, la quale procede da ira: imperò che come dice Aristotile, ira è bollimento, ovvero accendimento di sangue intorno al cuore per appetito di vendetta, e però conviene che si sparga di fuori nella faccia, perchè lo sangue acceso discorre per tutte le vene, e per tutte le membra; e perchè quivi3 n’è più che altrove, però più appare quivi che altrove; e così quando si rimuove, appare più la pallidità: e puossi notare qui una moralità, che quando li buoni capitani veggono sbigottire li suoi sudditi, mostrano ardire per rinfrancarli, come dice Virgilio di Enea: Spem vultu simulat premit altum corde dolorem. E così pone ora Dante di Virgilio, e notantemente dice nel testo più tosto che non avrebbe fatto il suo nuovo, perchè le passioni subito vengono nel savio uomo, e subito si partono. Ancora si può muovere qui uno dubbio: con ciò sia cosa che sia detto di sopra che Virgilio tenga figura di ragione, e Dante di sensualità, come si può intendere e dee, che Dante diventasse insieme pallido e rosso, come seguitarebbe per quello che detto è di sopra? A questo si può rispondere espeditamente, che non sempre Dante pone che Virgilio tenga figura di ragione, come si può mostrare per lo testo, ove dice di sopra nel quarto canto: Io era nuovo in questo stato; e così apparirà di sotto in questo canto, ove dice: Ver è, ch’altra fiata qui giù fui. Ancora se sempre l’autore avesse usata

  1. C. M. o desperante d’avere
  2. C. M. alcuna volta è per natura;
  3. C. M. perchè quine è più intercutaneo che altrove,