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mente ci dice che Virgilio è la ragione di Dante1. Onde non per altra considerazione potè fare quella sua distinzione, se non perchè nell'uomo, dilungatosi dalla diritta via, il senso e la ragione non sono convenevolmente composti a obbedienza e ad impero, ma chi dovrebbe obbedire disordinatamente predomina. E Virgilio, che può essere ed è in effetto la ragione stessa di Dante qual volta questo si conforma ai comandi del suo signore, segue il suo duca, intende e riceve in se le dottrine del suo maestro2, non potrebb'essere questa ragione individuale se insieme non fosse la ragione umana, o la ragion pratica in universale3. Quando poi questa ragione inferiore hà compiuto il suo officio, e l'uomo è andato tanto innanzi con la vita sensitiva ed attiva, che la virtù morale gli abbia aperto l'ingresso alla vita spirituale e contemplativa, Virgilio cede il luogo a Beatrice, la quale discende dal cielo, e guida Dante così disposto a vederla dal terrestre al celeste paradiso infino a Dio che è l'ultimo nostro fine senza mezzo4. Ma Virgilio, come dee terminare l'officio suo in Beatrice, così non lo incomincia, cioè non si move a soccorrer Dante, se non con l'autorità di lei; perchè la ragione umana presuppone sempre quella divina, dalla quale fontalmente deriva, e la ragione pratica non è indipendente da quella teorica, dalla quale ha i principii e l'ordine necessario del suo processo. E Beatrice si rimarrebbe semplicemente quella che è in se medesima, ma non darebbe forma di perfezione all'anima del suo fedele, nè lo condurrebbe alla beatitudine ed alla gloria con l'esercizio delle virtù intellettuali, s'ella non fosse preceduta e mossa

  1. Pag. 75, 117 e altrove.
  2. Tu duca, tu signore e tu maestro. Dante, Inf. C. II, v. 140.
  3. Pag. 50.
  4. Pag. 65 e seguenti.