19Questa question fec’io; e quei: Di rado
20Incontra, mi rispuose, che di nui
21Faccia il cammin alcun, per qual io vado.
22Ver è, ch’altra fiata qui giù fui1
23Congiurato da quell’Eriton cruda,
24Che richiamava l’ombre ai corpi sui.
25Di poco era di me la carne nuda,
26Ch’ella mi fece entrar dentro a quel muro,
27Per trarne un spirto del cerchio di Giuda.
28Quell’è il più basso loco e il più oscuro,
29E il più lontan dal Ciel che tutto gira:
30Ben so il cammin; però ti fa sicuro.
31Questa palude, che il gran puzzo spira,
32Cinge d’intorno la città dolente,
33U’ non potemo entrare omai sanz’ira.2
34Et altro disse; ma non l’ò a mente:
35Perocchè l’occhio m’avea tutto tratto
36Ver l’alta torre alla cima rovente,
37Dove in un punto furon dritte ratto
38Tre furie infernal di sangue tinte,
39Che membra feminili aveano et atto,
40E con idre verdissime eran cinte:
41Serpentelli e ceraste avean per crine,
42Onde le fiere tempie eran avvinte.
43E quei, che ben conobbe le meschine3
44Della reina dello eterno pianto,
45Guarda, mi disse, le feroci Erine.4
- ↑ v. 22. C. M. qua
- ↑ v. 33. Potemo, cadenza regolare, oggi permessa al solo poeta. E.
- ↑ v. 43. Meschina vale ancella, serva. E.
- ↑ v. 45. Erine è plurale di Erina che truovasi in altri Scrittori del trecento per uniformità di cadenza, come Atena, Ensiona e parecchi altri. E.