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234 | i n f e r n o viii. | [v. 58-66] |
però che prima pone quel che Virgilio disse a Dante, e la risposta di Dante; nella seconda, come giunsono alla porta della città Dite, quivi: Noi pur giugnemmo; nella terza, quel che quivi Dante vide, quivi: Io vidi ec. nella quarta, come ricorre a Virgilio, impaurito di quel che vide, quivi: O caro Duca ec.; nella quinta, come Virgilio lo conforta, quivi: E quel Signor ec.; nella sesta, come Virgilio va per prendere rimedio, quivi: Così sen va ec.; nella settima, quel che Virgilio ricevette da’ demoni, e la sua ritornata a Dante, quivi: Chiuser le porti ec.; nell’ottavo1 si pone lo conforto che diede a Dante, quivi; Et a me disse ec. Divisa adunque la lezione, è da vedere la sentenzia litterale la quale è questa.
Poi che Dante si diede a mirare2 innanzi per lo duolo che sentì, Virgilio per dichiararlo di ciò disse: Non ti maravigliare se tu senti duolo: chè si appressa la città chiamata Dite, che à grandi peccatori, e grande moltitudine; onde risponde Dante confermando lo detto suo che già vede le sue sommità nella valle, come campanili e torri fatte a modo sarainesco3 come si convenia a quel luogo, vermiglie come fossono uscite di fuoco: erano roventi. Poi pone come giunsono dentro alle fosse che circundavano la città, e che li parvono le mura di ferro; e girando molto delle mura pervennono alla porta, onde Flegias nocchieri gridò con impeto furiosamente come si conviene all’ira: Usciteci fuor della barca: qui è l’entrata della città; e poi che furono scesi dice l’autore, che vide più di mille dimoni quivi in sulle porti, e stizzosamente diceano: Chi è costui che va per lo regno de’ morti, sanza morte? Onde Virgilio fece loro cenno che con loro volea favellare segretamente. Allora celarono4 il loro grande disdegno, e dissono: Vieni tu solo, e colui se ne vada che entrò5 sì ardito in questo regno; solo si ritorni per la stolta strada per la quale elli è venuto: chè tu rimarrai qui, che l’ài menato per questa buia contrada. Onde Dante cominciò ad avere paura, udendo sì fatte parole temendo di non tornare mai; e però disse a Virgilio: O caro Duca mio, che m’ài renduto sicurtà più di sette volte, non mi lasciare così disfatto; e se non possiamo andare più oltre, torniamo a dietro. E Virgilio rispose: Non temere che il nostro andare non ci può essere tolto: da tale ci è conceduto; cioè da Dio; ma aspettami qui, e confortati con buona speranza:
- ↑ Quantunque abbia detto il nostro Commentatore nella prima, nella seconda ec. sottintesovi sempre parte; qui sta scritto nell’ottavo, taciutovi luogo. E.
- ↑ C.M. a riguardare innanti
- ↑ Sarainesco, saraino per saracinesco, saracino fognato il c siccome usasi anche oggi in alcune voci. Il simile avviene talvolta del g, come in reale per regale ed altri. E.
- ↑ C. M. Allora appiattonno lo gran disdegno,
- ↑ C. M. entrà