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putandosi ingannato di sua intenzione, che si credea aver guadagnati questi due; cioè Virgilio e Dante.
C. VIII - v. 25-30. In questi due ternari l’autor nostro pone lo discendimento loro; cioè di Virgilio, e di sè nella barca di Flegias, che era venuta, come detto fu di sopra; onde dice: Lo Duca mio; cioè Virgilio, ch’ era mia guida, nella barca di Flegias discese; che di sopra chiamò navicella, E poi mi fece entrare appresso lui; cioè poi mi comandò ch’io entrassi in essa dopo sè, e così feci, E sol; cioè solamente, quand’io fui dentro; io Dante, parve carca; cioè caricata: imperò che quando v’entrò Virgilio non aggravò in giù. Questa è conveniente fizione secondo la lettera: imperò che Virgilio era solo spirito, e Dante era col corpo, sì che conveniente cosa è che Virgilio non aggravasse la barca, ma sì Dante; e però questo volle dimostrare allegoricamente intendendo sì di quelli che sono nel mondo, che lo primo impeto dell’ira non è ira piena, e non è peccato perchè non è in nostra podestà di fare che non vegna; et allora si può dire che sia disceso pur Virgilio, che significa la ragione. Veramente la ragione discende della sua dignità, quando si sottomette all’ira; ma quando nell’ira si ferma, allora si può dire che sia carica la barca: imperò che allora è peccato et evvi tutto l’uomo; e però finge che vi sia ancora Dante, che significa la sensualità. E notantemente dice che Virgilio lo fece entrare appresso a sè: imperò che quando la ragione s’inganna giudicando male quel che non è, e però questo 1 si cruccia, tirasi dietro tutti li giudizi de’ sentimenti, sicché a tutti pare da crucciarsi, et allora è carica la barca: imperò che è fatta piena d’ira e di peccato. Tosto che il Duca; cioè Virgilio, et io; cioè Dante, nel legno fui; cioè nella detta navicella, Secando se ne va l'antica prora; cioè l'antica navicella. Benché prora sia la prima parte della nave, qui si piglia per lo tutto, secondo quel colore retorico che si chiama intelletto; e dice antica perchè secondo la lettera intende che fosse fatta infin che fu fatto l’inferno; et allegoricamente intese che fosse antico il peccato dell’ira: imperò che fu infino dal principio della creazione delli angeli, nelli angeli rei quando si ribellarono da Dio. Dell'acqua più, che non suol con altrui; cioè perchè la navicella era più carica, perchè Dante v’era ch’era col corpo, più pigliava della palude Stige che non solea, quando portava solo l’anime. E questa è conveniente fizione, secondo la lettera; e secondo l’allegorico intelletto dimostra, che quanto l’uomo più si dà all’ira, più nella tristizia s’immerge dell’ animo, che è significata per la palude Stige.
C. VIII — v. 31-42. In questi quattro ternari l’autor nostro pone
- ↑ C. M. e per questo si cruccia,