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lamentare della fortuna: imperò che si dovrebbono lodare che ànno ricevuto grazia da lei più, che coloro che ànno avuto meno felicità di loro, o che non ànno avuto punto; benché non può essere che l’uomo non abbia qualche parte di questi beni mondani. Ma ella se beata: cioè quella intelligenzia, e per tanto nulla villania, nè biasimo la può. offendere, e ciò non ode; cioè di tali villanie non si cura, e questo è non udire: Con l'altre prime creature lieta; cioè con li altri angeli, nelli quali è perfetta letizia, Volge sua spera; cioè sua rota tonda, come detto fu di sopra. Alla fortuna figurativamente li poeti diedero la rivoluzione della ruota, a dimostrare come si mutano circularmente, come si può vedere in un uomo, alcuna volta e tal volta più. Ma nelle città e nelle provincie manifestamente si vede questa revoluzione: imperò che, quando le provincie sono venute, per le mutazioni della fortuna, in povertà, diventano umili: l’umiltà dona pazienzia; la pazienzia dona pace: la pace, ricchezza; la ricchezza, superbia; la superbia, impazienzia; la impazienzia, guerra; la guerra, povertà; e la povertà poi, umilità, e così si va in circulo. E benché questo appaia manifestamente nelle comunità e provincie ancora, alcuna volta si vede nelli singulari uomini; e questo si dimostra che non sanza cagione avvengono queste mutazioni: ancora noi medesimi ne siamo cagione. E per mostrare questa circulare revoluzione, porrò qui appresso la figura per la quale si potrà vedere questa circulare revoluzione, la quale si può adattare a quel detto di sopra: imperò che come li uomini si dis-