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202 | i n f e r n o vii. | [v. 16-36] |
E così dice di questo demonio che à a tentare dell’avarizia, e che si pone per l’avarizia che consumi sè dentro con la sua rabbia; e questo dice: imperò che meno nocimento è che l’avaro consumi sè d’entro, che la sua rabbia spanda di fuori. Non è sanza cagion l’andare al cupo; cioè noi andiamo al fondo et oscuro dell’inferno che ci è conceduto da Dio, e così dimostra che non si debba impedire lo loro andare. Vuolsi nell’alto; cioè in cielo, là dove Michele; cioè l’angelo s. Michele, Fe la vendetta del superbo strupo; cioè del lucifero superbo che commise strupo1 contro a Dio, volendosi assomigliare al Figliuolo di Dio. Onde tacitamente rimprovera a Pluto et a Satan, che furono cacciati dal cielo per l’angelo santo Michele, quando li angeli buoni combatterono con li rei, e furono rovinati li rei dal cielo, nell’inferno, e parte nell’aere caliginoso. Quali dal vento le gonfiate vele Caggiono avvolte, poichè l’arbor fiacca. Qui pone la similitudine della nave che va per mare; che come le vele gonfiate dal vento caggiono avvolte poi che l’arbore è fiaccato; Tal cadde a terra la fiera crudele; cioè così cadde Pluto che in quanto demonio era crudelissimo: imperò che nel demonio non può essere nè misericordia, nè piatà, nè punto di bene, se non a suo detrimento; et in quanto si pone per l’avarizia ancora è vero: imperò che lo avaro è crudele più che alcuna fiera.
C. VII — v. 16-35. In questi sei ternari e due versi l’autore nostro fa tre cose; prima dimostra lo suo discenso con Virgilio; secondo esclama per la moltitudine delle pene, e de’ tormenti; terzo descrive li tormenti; la seconda, quivi: Ahi giustizia ec.; la terza, quivi: Come fa l’onda ec. Dice adunque: Così scendemmo; io Dante, e Virgilio, nella quarta lacca; cioè nella quarta china, o scesa, o lama; cioè nel quarto cerchio, Pigliando più della dolente ripa; che non avavamo preso nelli altri cerchi; e dice dolente, perchè quella ripa è piena di spiriti dolenti. Che il mal dell'universo tutto insacca; cioè la quale ripa insacca; cioè mette dentro a sè lo mal dell’universo; cioè del mondo: imperò che l’avarizia e prodigalità sono cagione di tutti li mali del mondo, perchè l’avarizia produce alcuna volta gola, come appare nel prodigo; alcuna volta, invidia, accidia, superbia et ira, come appare nell’avaro, e però ben dice che insacca il mal di tutto il mondo; cioè contiene in sè: chè insaccare è contenere. E perchè l’autore à posto qui l’entrata nel quarto cerchio ove si punisce il peccato dell’avarizia e prodigalità, secondo la sua fizione, è da vedere, per intendere meglio, lo testo; quanto alla moralità, et allegoria come intese l’autore che cosa è l’avari-
- ↑ Commettere strupo potrebbe significare fare ragunata, allestir gente e simili, come sembrano accennare le parole del Commento, più sotto. E.