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[v. 3-15] | c o m m e n t o | 201 |
nella fine del precedente canto, e questa è la sentenzia testuale. Allegoricamente si può intendere di quelli del mondo, che lo dimonio dell’avarizia, quando vede la sensualità dell’uomo, considerando discendere all’avarizia, e stare vivo l’uomo; cioè non morire in quel peccato, involgendosi in quello, si maraviglia, duolsi, e chiama maggior demonio di sè che l’aiuti ad impedire quella così fatta considerazione: imperò che questo medesimo che Dante dice di sè, si può adattare ad ognuno che ciò facesse, che finge sè avere fatto.
C. VII — v. 3-6. In questo verso et uno ternario si pone quel che finge Dante, che Virgilio dicesse a lui, per confortarlo, dicendo così: E quel savio gentil; cioè Virgilio, che tutto seppe; cioè che fu di grandissimo e smisurato sapere; e parla qui l’autore eccessivamente, et è colore retorico, quando per magnificare la cosa si passa il termine della verità. Disse per confortarmi; cioè me Dante, Non ti noccia La tua paura; quasi dicesse: Non pigliare paura, non pigliar nocimento per la tua paura: chè poder ch’elli abbia; cioè Pluto, non ci terrà, ovvero torrà, lo scender questa roccia; cioè che noi non iscendiamo questa ripa1, o vero lo descenso del terzo cerchio, nel quarto. Et allegoricamente vuole qui Dante dimostrare che, benché la sensualità sua fosse spaurita dell’avarizia, la ragione significata per Virgilio la confortò; e questo che dice di sè, si può intendere di tutti i savi uomini che si recano a considerazione de’ vizi.
C. VII — v. 7-15. In questi tre ternari pone l’autore quello che Virgilio rispose a Pluto, e come Pluto cadde della sua impresa, con una similitudine, quivi: Quali dal vento ec. Dice prima: Poi; che Virgilio ebbe così detto a me, e confortommi, si rivolse a quelle enfiate labbia; di Plutone, il quale mostra ch’avesse le labia enfiate, e questo dice per la sua sozzezza, ovvero per dare ad intendere la stoltizia che è nell’avaro: le labbia grosse significano stoltizia. E disse: Taci, maladetto lupo. Ecco che lo chiamò lupo per dare ad intendere ch’egli è posto per lo demonio dell’avarizia; la quale di sopra cap. primo, chiamò lupa quando disse: Et una lupa che di tutte brame. E ben dice maladetto: imperò che pigliando per lo demonio come lo testo suona, maladetto si può dire; e similmente per lo vizio dell’avarizia, che bene è maladetto vizio: chè per esso tutti i mali sono venuti nel mondo. Consuma dentro te con la tua rabbia; tu Pluto. Questo dice, perchè l’avarizia è uno ardore che fa l’uomo consumante2 rabbioso più che il fuoco; onde Boezio libro De Consolatione dice: Sed saevior ignibus Aetnae Fervens amor ardet habendi.