46Questi fur cherci, che non àn coperchio
47Piloso al capo; papi e cardinali,
48In cui usò avarizia il suo soperchio.
49Et io: Maestro, tra questi cotali
50Dovre’io ben riconoscere alcuni,
51Che fur immondi di cotesti mali.
52Et elli a me: Vano pensiere aduni:
53La sconoscente vita, che i fe sozzi,1
54Ad ogni conoscenza or li fa bruni.
55In eterno verranno alli due cozzi:
56Questi risurgeranno del sepulcro,
57Coi pugni chiusi, e questi co'crin mozzi.2
58Mal dare, e mal tener lo mondo pulcro
59À tolto loro, e posto a questa zuffa:
60Quale ella sia, parole non ci appulcro.
61Or puoi, figliuol, veder la corta buffa
62De' ben, che son commessi alla Fortuna,
63Perchè l'umana gente si rabbuffa.
64Che tutto l’oro, che è sotto la luna,
65E che già fu, di quest'anime stanche,
66Non poterebbe farne posar una.34
67Maestro, diss’io lui, or mi dì anche:
68Questa Fortuna, di che tu mi tocche,
69Che è, che i ben del mondo à sì tra branche?
70Et elli a me: O creature sciocche,
71Quanta ignoranza è quella che v’offende!
72Or vo’, che tu mia sentenzia ne imbocche.
- ↑ v. 53 I equivalente a li, loro è un accorciamento del latino ille e fu spesso adoperato dagli antichi. Inf. v. v. 78 «che i mena». E.
- ↑ v. 57. C M. col pugno chiuso,
- ↑ v. 66. Poterebbe è naturale configurazione del verbo potere. E.
- ↑ v. 66. C M. passar una.