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[v. 94-99] | c o m m e n t o | 191 |
con Virgilio, che pone che Palinuro godesse, quando intese lo monte dovere essere denominato da lui; et allegoricamente di quelli del mondo, che quanto più sono viziosi e vili, più fanno procaccio d’esser nominati. Più non ti dico; io Ciacco a te Dante; cioè non ti domando più, e più non ti rispondo; a’ tuoi domandi. li diritti occhi ec. Qui mostra l’autore come Ciacco ritornò alla sua pena dicendo: Li diritti occhi torse allora in biechi; cioè in traverso, quasi dica: Come prima mi mirava1 a diritto, poi mi rimirò a traverso, volendosi chinare e tornare a giacere, come era prima. Guardommi un poco; cioè me Dante, e poi chinò la testa; verso la terra, Cadde con essa a par degli altri ciechi. Questo è detto notabile, secondo quelli del mondo, che chi seguita la gola cade con l’altezza della sua condizione, quantunque sia grande, al pari de’ ciechi della mente: imperò che chi seguita la golosità, è cieco della mente. E litteralmente intende che cadesse a terra a pari delli altri golosi ch’erano ciechi stati nel mondo, quanto alla mente, e caduti sono quanto alla testa2; cioè con la loro altezza e nobiltà di condizione che abbino, o per natura, o per fortuna.
C. VI — v. 94— 99. In questi due ternari pone l’autore una sentenzia di Virgilio de’ dannati, che è vera secondo la nostra fede; cioè resurgeranno al di’ del giudicio, dicendo: E il Duca; cioè Virgilio, disse a me; cioè Dante, Più non si desta; cioè si sveglia3 Ciacco, s’intende, Di qua dal suon dell'angelica tromba; cioè innanzi che sia il di’ del giudicio, quando li due angeli soneranno due trombe; l’una per li giusti, e l’altra per li dannati, che vengano all’ultimo giudicio, ove si darà l’ultima sentenzia del nostro Salvatore che salverà li giusti, e dannerà li peccatori. Quando verrà la nimica podesta; de’ dannati; cioè Cristo, lo quale come giudice con somma podestà verrà a dare l’ultimo giudicio, il quale sia4 nimico et odioso a’ dannati. Ciascuna rivedrà la trista tomba; cioè ciascuna anima ritornerà alla sua sepoltura a pigliar sua carne e sue ossa; e dice trista: però che è materia di tristizia ad ognuno, et ancora a lor fia materia di tristizia: chè risurgeranno a maggior pena. Ripiglierà sua carne e sua figura; cioè ciascuno risurgerà nella propria carne, e sua figura; cioè uomo d’uomo, e femina di femina, et in quello stato ch’erano quando morirono, risurgeranuo li dannati; ma li salvati risurgeranno in megliore figura, sanza difetto,