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cittadini; appresso domanda segno di poterli conoscere, dicendo: Farinata e il Tegghiaio. Questi due cittadini di Firenze, con li altri tre che nomina incontanente aveano in vulgo buona fama, benchè fossono rei. E per tanto sottilmente induce l’autore Ciacco a dire generalmente qui della colpa loro: imperò che di sotto nel processo dell'opera, parlerà ancora di loro, e qui si manifesta la loro condizione: che fur sì degni; secondo la reputazione del vulgo; e perchè furono infetti nel vizio della gola, però domanda di loro. Iacopo Rusticucci, Arrigo, e il Mosca, E li altri ch’al ben far puoser l’ingegni. Puossi intendere che l’autore parli per lo contrario: però che costoro furono uomini viziosissimi, ben che fossono famosi: però che costoro furono della setta dei Neri, contra la sua, e perchè erano onorati per la parte, bene che fossono viziosissimi uomini; e però parla così di loro, per mostrare che oltre al vizio della gola, ebbano1 altri maggiori vizi, e però dice che fur sì degni; cioè reputati. E li altri ch’al ben far puoser l'ingegni; cioè pareano ponere, Dimmi ove sono; Ciacco: imperò che dovrebbono essere teco, perchè furono golosi; ovvero ne domanda lui, perchè furono d'una setta questi cinque con Ciacco. e fa ch’io li conosca. Quasi dica: Dammi segni ch'io li conosca: Chè gran disio; cioè desiderio, mi strigne di sapere; com’è de’suoi cittadini famosi e viziosi, Se il Ciel li addolcia; cioè dà loro dolcezza, o l'Inferno li attosca; cioè dà loro amaritudine: imperò ch’erano reputati nella città e da partefici loro, tali che meritavano d’essere in cielo, e secondo ch’erano viziosi meritavano d’essere tormentati nell’inferno.
C. VI — v. 85-93. In questi tre ternari l’autor nostro fa tre cose: però che prima pone la risposta di Ciacco alla sua domanda; nella seconda pone lo priego di Ciacco, quivi: Ma quando ec.; nella terza pone lo modo che tenne a ritornare nel suo stato, quivi: Li diritti occhi ec. Dice adunque: E quelli; cioè Ciacco rispose a me Dante, Ei son tra l'anime più nere; cioè più viziose; cioè quelli cinque, de’ quali mi domandi, Diversa colpa; dalla mia, giù li grava al fondo; dello inferno, Se tanto scendi; tu Dante, li potrai vedere; quelli cinque de’ quali tu mi domandi. Ma quando tu sarai nel dolce mondo; cioè nella vita di sopra mondana; e qui parla come peccatore che s’inganna del mondo, chiamandolo dolce, perchè pare; ma non è, Pregoti ch’alla mente altrui mi rechi; cioè alla memoria altrui arrechi me Ciacco. E qui litteralmente, e notantemente l’autore finge l’anime delli infernali desiderare fama per accordarsi
- ↑ Ebbano ora è voce da non usare, quantunque non rada nel contado toscano. È una delle riduzioni de’ verbi della seconda coniugazione alla prima, comuni anzi che no in sul formarsi della nostra lingua. E.