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[v. 58-63] | c o m m e n t o | 187 |
che dopo molta tenzione verranno all’effusione del sangue, uccidendo l’uno l’altro; e la parte che è chiamata selvaggia, caccierà l’altra parte con molta offensione; poi conviene che quella parte selvaggia, caggia in fra tre anni, e che l’altra parte ritorni, e monti in istato con la forza di tale, che ora si fa indifferente; e lungo tempo durerà in istato, tenendo li altri sotto, a mal suo grado. In quella città sono due uomini giusti, e non vi sono intesi; e la cagione che questi cittadini à sommossi, è superbia, et invidia, et avarizia. E qui finisce Ciacco. Allora Dante domanda lui: Che è di messer Farinata, e di Tegghiaio, Iacopo Rusticucci, Arrigo, e il Mosca, e li altri che posono l’ingegni al ben fare: però ch’io ò voglia di sapere se sono in inferno, o in paradiso? Allora Ciacco risponde che sono in più basso luogo d’inferno, per più grave colpa, e che li potrà vedere, se tanto scenderà; e priega Dante, che quando sarà nel mondo, l’arrechi nella mente ad altrui, e pone come cadde giù da sedere a giacere. Allora Virgilio rispondendo a Dante, dice sua sentenzia di Ciacco, e delli altri dannati, infino al di’ del giudizio. Poi Dante pone il suo processo del cammino, e il ragionamento ch’ebbe con Virgilio della vita futura; e più oltre pone la risposta di Virgilio che è notabile, et apparirà quando sporrò la lettera; et oltre pone il processo del cammino, ponendo come aggirarono per lo cerchio tondo infino al punto ove si discende nel quarto cerchio, ove sta Plutone grande nimico, del quale si dirà di sotto.
C. VI - v. 58-63. In questi due ternari il nostro autore fa due cose; prima mostra compassione a Ciacco per farlosi benivolo a rispondere; appresso il domanda del fine della sua città, e delle cagione della discordia, quivi: Ma dimmi ec., dicendo: Io; cioè Dante, li risposi; dopo le parole di Ciacco: Ciacco, il tuo affanno; cioè la tua pena, Mi pesa sì; cioè m’aggrava tanto, ch’a lagrimar m’invita; cioè m’induce a piangere. E qui è da notare che la sensualità di Dante era quella ch’avea compassione a Ciacco, non la ragione: chè la ragione è contenta della divina Giustizia. Ma dimmi; cioè tu Ciacco a me Dante, se tu sai. Giustifica lo suo domando: imperò che mal può rispondere chi non sa. a che verranno Li cittadin della Città partita; cioè di Fiorenza, nella quale era divisione, e questa è prima domanda. Se alcun v’è giusto; de’ cittadini della detta città s’intende, e questa è la seconda domanda, e dimmi la cagione, Perchè1 l’à tanta discordia assalita; cioè la detta città, e questa è la terza domanda. E qui non cade altra esposizione.
C. VI - v. 64-76. In questi quattro ternari e uno verso l’au-
- ↑ Il Cod. M. e il nostro qui legge pure «Perchè tanta discordia l’à assalita».