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   186 i n f e r n o    vi. [v. 49-57]

Seco mi tenne; la tua città, in la vita serena; cioè nella vita del mondo, la quale è serena per rispetto di quella dell’inferno. Voi, cittadini; cioè Fiorentini, mi chiamaste Ciacco. Ciacco dicono alquanti, che è nome di porco; onde costui era così chiamato, per la golosità sua. Questo Ciacco fu fiorentino, e fu infame del vizio della gola, e però l’autore lo pone in questo cerchio; e benchè fosse goloso, pure era intendente, et eloquente come sono comunemente li Fiorentini; e però Dante lo induce a parlare delle cose presenti, et ancora delle future, come appare nella seguente lezione. Per la dannosa colpa della gola. Qui manifesta lo suo peccato. Come tu vedi, alla pioggia mi fiacco. Qui manifesta la sua pena. Et io anima trista non son sola. Qui pone l’autore che conosca la sua miseria, in quanto dice trista; e questo è vero che i dannati conoscono la lor miseria per maggior loro pena. E nota che dice non sono sola, per iscusare sè, benchè non vi scusa che gli altri abbino ancora fatto male; ma per consolazione di sè: chè è consolazione a’ miseri avere compagni, e massimamente a’ rei, che sono contenti del male altrui e tristi del bene per invidia che portano; o questo disse per infamare li altri. Chè tutte queste, e dimostrò la turba che quivi giacea, a simil pena stanno; che sto io Ciacco, Per simil colpa; cioè per la golosità com’io, e più non fe parola; cioè non parlò più, detto questo. E sopra questo non cade allegoria, e così finisce la prima lezione.
     Io li risposi ec. In questa seconda parte l’autor nostro pone alcune domande e risposte che fa con Ciacco, e dividesi questa lezione in otto parti: però che prima pone le domande che fa Dante a Ciacco; nella seconda pone la risposta di Ciacco, quivi: Et elli a me; nella terza, altre domande che fa Dante a Ciacco, quivi: Et io a lui; nella quarta, la risposta di Ciacco, quivi: E quelli: Ei son tra l’anime ec.; nella quinta, la sentenzia di Virgilio, quivi: E il Duca disse; nella sesta, la continuanza del processo, et una domanda di Dante, quivi: Sì trapassammo; nella settima, la risposta di Virgilio, quivi: Et elli a me; nell’ottava, il processo del cammino, quivi: Noi aggirammo ec. Divisa adunque la lezione, è da vedere la sentenzia litterale.
     Dice così: Poi che Ciacco mi manifestò1, Io; Dante, cominciai: Ciacco, lo tuo affanno mi pesa; cioè grava, sì che m’invita a lagrimare; ma dimmi, se tu sai, a che verranno li cittadini della Città partita; cioè di Firenze, che à divisione in sè; e dimmi se alcuno è giusto in quella città, e dimmi la cagione perchè tanta discordia à assalita quella città. Allora Ciacco rispose a Dante

  1. Qui il verbo manifestò è adoperato assolutamente, sottintesovi l’oggetto o si; cioè sè mi manifestò o mi si manifestò. E.