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più libero a poter fare un libro suo proprio sopra quello dell’Allighieri. Benvenuto da Imola suol dividere quasi sempre ogni canto in quattro parti principali, interpretando in ciascuna così la lettera, come l’allegoria; e talvolta argomentandosi a trarre in luce un ascoso intendimento là ove meno importava che lo cercasse1. E se l’ottimo commentatore procede di canto in canto premettendo sempre un proemio alla esposizione, nel quale sia anticipatamente manifestata l’allegoria, e non sempre quanto basti al bisogno; Pietro di Dante procede per sommi capi non continuandosi sempre al testo che dovrebbe illustrare, e reca in mezzo molte autorità dottrinali, ma è difettivo e alcuna volta sbaglia nella parte istoriale2. — Or qual è il metodo, o in altri termini qual è il luogo che fra questi commentatori sia occupato da Francesco da Buti? Il metodo suo è quello di un interprete fedelissimo, il quale stimi di avere ad eseguire tanto più degnamente il suo officio, quanto meglio avrà saputo dimenticare se stesso per non dover pensare se non al testo da interpretarsi. Di ogni canto egli fa materia a due distinte lezioni, e innanzi di venire alle parti, nelle quali abbia diviso la sua lezione, espone con discorso continuo la sentenza letterale, sicchè abbiasi fino da principio una general conoscenza delle cose che dovranno essere dichiarate, e il nostro spirito sia convenientemente apparecchiato a meglio intenderle ad una ad una. Ma queste esposizioni preparatorie, che riunite insieme sarebbero state la narrazione in prosa di tutto il poema dell’Allighieri, qual che ne