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[v. 31-39] | c o m m e n t o | 183 |
dice, Virgilio rimediò, quivi: E il Duca; e pone una similitudine: Qual è ec., Dice prima: Quando ci scorse; cioè me e Virgilio, Cerbero, il gran vermo. Finge l’autore che Cerbero sia gran vermo: imperò che è grande cane, e dice lo vermo perchè finge che sia nell’inferno nelle caverne della terra. Le bocche aperse. Dice le bocche perchè di sopra à finto che ne avesse tre, e mostrocci le sanne; a me, e a Virgilio, e ben dice sanne perchè di sopra à finto che sia in specie di cane. Non avea membro che tenesse fermo. Qui dimostra l’autore la natura del cane, che è litigioso e corruccioso animale, e quando si corruccia tutto triema; e questo finge che facesse per impedire la loro entrata, ovvero andata; e questo finge verisimilmente: imperò che il dimonio è dolente d’ogni bene, e però volea impedire l’andata di Dante, perchè sapea ch’era a fine di bene. E il Duca mio; cioè Virgilio, distese le sue spanne; cioè le sue mani. Spanna è il palmo; cioè l’apertura della mano. Prese la terra, e con piene le pugna, La gittò dentro alle bramose canne; cioè gole di Cerbero, e dice canne per verificare quel che disse di sopra: Con tre gole caninamente latra. Questo rimedio, finge l’autore, che pigliasse Virgilio per non essere impedito dal Cerbero; e verisimilmente alla voracità, posta di sopra di sì fatto dimonio, si conveniva, a farlo star cheto, saziamento; e quivi non era cosa più atta che la terra. Allegoricamente intendendo de’ mondani, dimostra l’autore che questo peccato vuole impacciare coloro, che camminano alla virtù; ma la ragione significata per Virgilio, piglia della terra con amendue1 le mani, e gittala dentro alle tre gole; cioè remedia a queste tre fami, e golositadi con li cibi vili, saziando la fame, la quale saziata, cessa la golosità. Qual è quel cane, ch'abbaiando agugna. Qui fa l'autore una similitudine dicendo, che come il cane abbaiando, preso il pasto, agogna; cioè non apertamente abbaia, E si racqueta, poi che il pasto morde; e poi che comincia a mangiare cessa l'abbaiare, e lo agognare, Che solo a divorarlo intende e pugna; cioè per lo pasto morso; Cotal si fecer quelle facce lorde. Dice faccie, perchè à finto che abbi tre capi. Dello demonio Cerbero. Demonio significa giù rovinante, ovvero incolpatore: però che demonio s'interpetra molto sapiente; questi nomi si convengono al demonio Cerbero, e sposto fu di sopra. che introna L'anime lì. Questo dice, per quel che fu detto di sopra, con tre gole ec. sì, ch'esser vorrien sorde; cioè per non udire il suo intronamento. Questa fizione risponde a quello ch'à detto di sopra, e non à allegoria.
C. VI - v. 34-39. In questi due ternari lo nostro autore continua lo suo andare, e dice: Poi che Cerbero fu acquetato, Noi; cioè
- ↑ C. M. con amburo le mani,