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i n f e r n o vi. |
[v. 13-21] |
lato ch’è stato in terra a quel, ch’è stato di sopra, che à ricevuta la pioggia quando è fracassato. Volgonsi spesso i miseri profani. E per quel ch’è detto di sopra, dice che si volgono spesso li miseri stolti e maladetti; e questa è la sentenzia litterale. Ora è da vedere del peccato della gola, e delle sue specie, compagne e figliuole, e poi l’adattazione del testo, secondo la fizione, e poi l’allegorico intelletto de’ mondani.
E prima, la gola è immoderato amore di diletto1 che è secondo lo gusto, e le specie sue sono principalmente due; cioè commessazione2 et ebrietà; e ciascuna di queste può avere specie x; cioè prevenzione di tempo; cioè mangiare e bere innanzi l’ora: curiosità; cioè apparato di cibi con troppa cura: lautizia; cioè delicatezza3; cioè ghiottornia: studiosità; cioè sollicitudine di mangiare e di bere: varietà di vivande, o di vini: frequentazione; cioè quando troppo spesso si mangia, e bee: novità; cioè quando si cerca nuove, e disusate vivande: ambizione; cioè quando si cerca preziose vivande, per mostrare che l’uomo possa spendere. Le compagne che à seco questo vizio, sono; decezione, che sotto nome di necessità, inganna; vilipensione: però che fa l’uomo tenere vile; deformità, cioè sozzezza: chè sozza cosa è a vedere lo goloso: infermità: imperò che quindi vengono sotto fianchi et altre passioni; servitù: imperochè l’uomo è servo del suo goloso ventre; immundizia, perchè il goloso non può essere che non sia brutto fetore: però che per lo disordinato mangiare, pute la bocca e lo stomaco. E l’ebrietà per sè à queste compagnie; cioè leggerezza4 d’animo: imperò che niuno segreto è ove regna l’ebriachezza; stolta credulità: ogni cosa crede l’ebriaco, e porta ferme speranze; temerità: imperò che l’ebriaco disarmato entra tra’ ferri; inconsiderazione: imperò che niuno pensieri porta l’ebbro de’ fatti propri; presunzione di sapere; loquacità perchè è parlatore; e prodigalità perchè gitta lo suo. E le figliuole di questo vizio sono; grossezza d’ingegno; sconcia letizia, come ballare, e cantare; scurrilità, parlamenti disonesti, et ingiuriosi fatti; multiloquio; cioè parlamenti vani e oziosi; l’ultima è morte temporale e spirituale. Dichiarato questo, è da vedere che l’autore convenientemente finse l’infrascritti tormenti rispondere a’ golosi nell’inferno: imperò che l’aere tenebroso si conviene alla grossezza dell’ingegno; la pioggia, che significa su-
- ↑ Benchè il Codice nostro leggesse intelletto abbiamo col Magliabechiano corretto con diletto E.
- ↑ C. M. due; commestione et ebrietà;
- ↑ C. M. delicatezza e nettezza di cibi: nimità; cioè soperchio di cibo: avidità; cioè vaghezza troppa che è ghiottoneria; studiosità;
- ↑ C. M. cioè la grossezza d’animo: