79Farinata e il Tegghiaio, che fur sì degni,1
80Iacopo Rusticucci, Arrigo, e il Mosca,
81E li altri ch’al ben far puoser l’ingegni,
82Dimmi ove sono, e fa ch’io li conosca:
83Chè gran disio mi strigne di sapere,
84Se il Ciel li addolcia o l’Inferno li attosca.
85E quelli: Ei son tra l’anime più nere:
86Diversa colpa giù li grava al fondo,2
87Se tanto scendi, li potrai vedere.
88Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
89Pregoti ch’alla mente altrui mi rechi:
90Più non ti dico, e più non ti rispondo.
91Li diritti occhi torse allora in biechi:
92Guardommi un poco, e poi chinò la testa:
93Cadde con essa a par degli altri ciechi.
94E il Duca disse a me: Più non si desta
95 Di qua dal suon dell’angelica tromba,
96Quando verrà la nimica podestà: 3
97Ciascuna rivedrà la trista tomba,
98Ripiglierà sua carne e sua figura,
99Udirà quel che in eterno rimbomba.
100Sì trapassammo per sozza mistura
101Dell’ombre e della pioggia, a passi lenti,
102Toccando un poco la vita futura.4
103Per ch’io dissi: Maestro, esti tormenti
104Cresceranno ei dopo la gran sentenza,
1050 fien minori, o saran sì contenti? 5
- ↑ v. 79. C. M. e Tegghiaio,
- ↑ v. 86. più li gravò
- ↑ v. 96. podestà. Ad esempio dei Latini i nostri antichi profferivano senza l’accento. E.
- ↑ v. 102. C. M. Trattando un poco
- ↑ v. 105. C. M. sì cocenti?