22Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,
23Le bocche aperse, e mostrocci le sanne:
24Non avea membro che tenesse fermo.
25E il Duca mio, distese le sue spanne,
26Prese la terra, e con piene le pugna
27La gittò dentro alle bramose canne.1
28Qual è quel cane, ch’abbaiando agugna,
29E si racqueta, poi che il pasto morde,
30Che solo a divorarlo intende e pugna;
31Cotal si fecer quelle facce lorde 2
32Dello demonio Cerbero, che introna
33L’anime lì sì, ch’esser vorrien sorde.3
34Noi passavam su per l’ombre che adona
35La greve pioggia, e ponevam le piante
36Sopra lor vanità, che par persona.
37Elle giacean per terra tutte quante,
38 Fuor d’una, ch’a seder si levò, ratto
39Ch’ella ci vide passarsi davante. 4
40O tu, che se’ per questo Inferno tratto,
41Mi disse, riconoscimi, se sai:
42Tu fosti, prima ch’io disfatto, fatto.
43Et io a lei: L’angoscia, che tu ài,
44Forse ti tira fuor della mia mente,
45Sì che non par ch’io te vedessi mai.
46Ma dimmi chi tu se’, che in sì dolente,
47Loco se’ messa, et in sì fatta pena, 5
48Che s’altra è maggio, nulla è sì spiacente. 6
- ↑ v. 26, 27. C. M. Prese la terra con piene le pugna Gittolla
- ↑ v. 31. C. M. Così si fecer
- ↑ v. 33. C. M. L’anime sì ch’esser vorreben sorde.
- ↑ v. 39. C. M. Quando ci vidde passarli davante.
- ↑ v. 47. C.M. et ài sì fatta pena,
- ↑ v. 48. Maggio dal majus de’ Latini, e vive tuttora nelle parole composte viamaggio, riomaggio ec. E.