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   168 i n f e r n o    v. [v. 88-108]

more baciò Francesca e cognobbonsi1 carnalmente, e dopo quello venne tanto palese il loro amore et usanza insieme, che venne alli orecchi di Lanciotto: onde apostatili e trovatili un di’ insieme, confisse l’uno insieme con l’altro, con uno stocco, sì che amendue insieme morirono. E però finge l’autore che vanno insieme ad una pena: però che furono insieme ad uno peccato, et ad una morte, e però dice: Siede la terra; cioè Ravenna, dove nata fui; io Francesca, Su la marina, dove il Po discende; cioè in mare. Il Po è uno fiume di Lombardia, che va in Romagna, et a Ravenna entra in mare, et esce del monte Appennino, et in esso entrano molti altri fiumi di Lombardia. Per aver pace co’ seguaci sui; cioè a ciò che si riposi elli e tutti li altri fiumi ch’entrano in lui: imperò che tutte le acque corrono, infino che sono in mare, e poi che sono in mare si riposano; e però s’intende con li seguaci suoi; cioè elli e li suoi seguaci. Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende. Questa sentenzia è vera; cioè che l’animo gentile; cioè virtuoso che abbi abito eligente, non può fare che non ami la cosa bella. Ancora l’autore nel processo del libro cap. xvıı Purg. dice: Nè Creator, nè creatura mai fu sanza amore; e questo dice perchè l’animo ragionevole non può essere sanza amore; ma quando questo amore passa il modo, allora si parte dalla virtù, et è vizio; ma quando sta col modo, è virtù. Prese costui; e dimostra Paolo che era con lei, della bella persona; intende della sua persona, che fu bella, Che mi fu tolta. Questo dice perchè fu uccisa, come appare di sopra, e il modo ancor m’offende; cioè il modo di questo amore, che fu disordinato e smodato. Parla qui l’autore non propriamente: imperò che lo smodamento propiamente2 non si può chiamare modo; ma dice, come si dice ordine lo disordine delle cose estraordinarie. Ancora offende me Francesca; prima m’offese nel mondo3: chè ne perdei la persona e l’onestà4, et ancora m’offende: imperciò che ora ne perdo la vita spirituale, in quanto per questo sono dannata. Altrimenti si può intendere più leggiermente; cioè il modo dell’amore, che prese Paolo della mia bella persona, fu tale, che m’offese nel mondo; cioè m’inaverò, e ferimmi il cuore, e così ancora m’offende; cioè così m’inavera, e ferisce ora che l’amo fortemente: e questo conferma la sentenzia che seguita.

  1. Cognobbonsi, ora conobbonsi o conobbersi; ma in antico tali specie di latinismi venivano più frequenti. E.
  2. Gli antichi per una certa liscezza di lingua fognavano l’r in alcune parole, che oggi pure suonano così in Toscana, dove è frequentissimo propio, propiamente ec. E.
  3. Il Codice Gradonico, nella Gambalunghiana, legge - v. 102. Che mi fu tolta e ’l mondo ancor m’offende
  4. C. M. ne perdei l’onestà e poi la vita corporale, et ancora