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   120 i n f e r n o   iv. [v. 25-42]

Or vo’ che sappi, innanzi che più andi. Qui dichiara Virgilio che questi che sono nel limbo, sono pur condannati per lo peccato della infedelità e non per altro peccato, perchè finge che quivi sieno pur li parvoletti non battezzati, e li uomini, e le femine che ànno pur operato bene nella loro vita, che almeno sono vivuti civilmente; ma non sono stati cristiani, e in questo si discorda l’autore della santa Chiesa, la quale non puone questo luogo se non li parvoli. Puossi scusare l’autore che il dice poeticamente, per seguitare i poeti che pongono questi così fatti nelli campi elisi; e però dice: Ch’ei non peccaro. Debbasi intendere qui d’altro peccato che d’infedelità; altrimenti seguitarebbe che fossono dannati ingiustamente, se sanza avere peccato fossono dannati. e s’elli ànno mercedi, Non basta. Risponde qui a una obiezione che si potrebbe fare; s’elli ànno meritato in questa vita operando le virtù politiche, come non sono meritati del lor bene adoperare? Dice che quel bene aoperare non basta ad avere vita eterna, et assegna la ragione secondo la nostra fede. perchè non ebber battesimo. Ecco la cagione perchè non valse loro bene adoperare, perchè non ebbono battesimo senza il quale niuna buona opera è accettata a Dio. Ch’è parte della Fede che tu credi; cioè il quale battesimo è parte della fede cristiana che tu Dante credi: imperò che il battesimo è uno de’ sette sacramenti della chiesa, li quali ciascuno cristiano crede, s’elli è vero cristiano. E se furon dinanzi al Cristianesimo. Qui risponde ad un’altra obiezione che si potrebbe fare di quelli che morirono innanzi che venisse Cristo, che non era battesimo: imperò potrebbe alcuno dire: Costoro non dovrebbono essere dannati: imperocchè allora non si battezzava. A ciò risponde l’autore, ponendo che risponda Virgilio che costoro sono dannati perchè non adorarono veramente 1 Idio: però che doveano adorare il Padre, e il Figliuolo, e lo Spirito Santo sì, come uno Idio in tre persone, e doveano credere in Cristo che dovea venire, e però dice: Non adorar debitamente a Dio: E di questi cotai sono io medesimo. Dice Virgilio sè essere di costoro, perchè adorò l’idoli o vero li idii come disse di sopra nel primo canto. Per tai difetti, e non per altro rio; cioè e non per altra colpa. Noi sem perduti; quanto alla beatitudine, e sol di tanto offesi; cioè solamente aviamo tanto d’offensione. Che sanza speme, vivemo in disio; cioè viviamo in desiderio d’avere beatitudine, sanza avere speranza d’averla: imperò siamo certi che in perpetuo saremo privati della visione di Dio. E qui è da notare che questa è conveniente pena a così fatto peccato, sì che ben fa l’autore buona poesi in questo: imperò che degna cosa è che chi è stato sanza

  1. C.M.  adorarono debitamente Idio: