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i n f e r n o iii. |
[v. 130-136] |
però che pone lo tremuoto e il venteggiare come pose quivi, e la folgore la quale non pose quivi; ma pose quivi il suono che non lo mette qui; e questo non fe l’autore sanza cagione: imperò che in quella parte pone che Virgilio li avesse turati li occhi, sicchè, perchè1 la folgore venisse, non la vide; ma qui li avea aperti e però pone che il vedesse, e benchè non dica del tuono, s’intende che vi fosse per lo baleno: imperò che innanzi è il tuono, che il baleno2, benchè il baleno si veggia innanzi che s’oda il tuono, perchè la vista è più presta a vedere che l’audito ad udire. Adunque questi tre accidenti; cioè tremuoto, vento e baleno, e per consequente tuono, sono finti qui dal poeta a dimostrare l’avvenimento dell’Angelo, il quale finge che vegna ai dannati con ispaventevoli segni, per mostrare loro la potenzia di Dio. E perchè niuna cosa spaurisce più l’uomo che li detti accidenti in questa vita, però finge che sieno di là, per spaurire i dannati della venuta dell’Angelo con questi accidenti; la quale venuta a loro non dee essere consolazione. Dice così il testo: Finito questo; che disse Virgilio, la buia campagna. Campagna è luogo piano et ampio, e ben dice buia3; cioè scura e tenebrosa. Tremò sì forte, che dello spavento La mente di sudor ancor mi bagna. Ecco il tremuoto che è naturalmente nelle caverne della terra per venti, che vi sono dentro che cercano l’uscita: e finge l’autore che avesse di quello sì gran paura, che ancora ricordandosene ne suda. Quando l’uomo à paura, il sangue corre a soccorrere il cuore e abbandona tutti li altri membri e però diventa4 pallido: et alcuna volta è la paura sì grande, che li membri abbandonati dal sangue mettono fuori per li pori alcuno licore gelato, che pare sudore; e se non ritornasse il sangue, l’uomo verrebbe meno e morirebbe, et ad alcuni non ritorna, sicchè ne rimangano spesse volte debilitati di qualche membro: ancora si suol dire per li volgari che tali siano percossi da mali spiriti, la quale cosa è naturalmente; cioè per difetto che pate la natura, e non per percussione di dimonio. Seguita: La terra lagrimosa; cioè l’inferno, che è terra piena di lagrime e di tristizia. Vogliamo intendere che certe umiditadi, che sono nella terra congelate per lo freddo, si risolvessono per lo caldo in modo di lagrime5. diede vento. Naturalmente nelle caverne della terra entra spesse volte il vento, e fa tremare la terra cercando d’uscire fuori, e conviene che la terra rompa in alcuno luogo e quindi esca il vento. Dicesi per li filosofi il vento essere vapori ovvero esalazioni calde levate in su dalla terra, e ripercosse da
- ↑ C. M. benchè.
- ↑ C. M. il baleno, o almeno insieme, benchè.
- ↑ C. M. buia, perchè finge che fosse oscura.
- ↑ C. M. diventa l’uomo pallido.
- ↑ C. M. di lagrime, e però finge che quella terra fosse lagrimosa.